Educazione e infanzia Salute e benessere

Infanzia e tecnologia, metodi e responsabilità

La mente del bambino è padre della mente dell’uomo1 – afferma Regni sulla scia di una pedagogia scientifica che Maria Montessori ha messo a punto durante il secolo scorso. L’intento è quello di sottolineare quanto l’infanzia sia un periodo fertile e fondamentale per la formazione dell’adulto di domani e, su quello che è lo sviluppo del cervello umano, un contributo molto importante oggi viene dato dalle neuroscienze, le quali affermano l’importanza dei primi 1000 giorni di vita nello sviluppo fisico, sociale, cognitivo ed emotivo dell’individuo. Sappiamo infatti che in questo periodo si definisce l’intera architettura cerebrale e che, essendo correlata alle connessioni neuronali ed alle esperienze dipendenti, ha bisogno di un contatto diretto con l’ambiente per svilupparsi.2

Diverse università hanno in corso vari trial nello studio sulla media di utilizzo dei dispositivi elettronici da parte dei bambini e sull'impatto che hanno sul loro sviluppo mentale durante l'infanzia.
Diverse università hanno in corso vari trial nello studio sulla media di utilizzo dei dispositivi elettronici da parte dei bambini e sull’impatto che hanno sul loro sviluppo mentale durante l’infanzia.

Già durante la gravidanza il pancione delle mamme viene sommerso di ecografie, alcune con sofisticate tecnologie in 3D per capire le sembianze che avrà il futuro nascituro e, al momento della nascita, foto, video e condivisioni con tutto il circondario non tardano a mancare. I nostri figli sono nativi digitali e non possiamo né dobbiamo precludere l’accesso a questo tipo di tecnologia. Loro ci convivono ancora prima di venire al mondo, tant’è che secondo un’intervista la nuova generazione non fa distinzione tra mondo virtuale e mondo reale.3
Ma quali sono le ripercussioni di questo comportamento?

In un primo periodo lo sviluppo del bambino si concentra su elementi di sensorialità e concretezza.4 L’età prescolare è un periodo in cui tutto il potenziale del bambino è ancora dormiente e il compito di ogni educatore è quello di dargli la possibilità di fare quanta più esperienza diretta con l’ambiente circostante affinché si realizzi l’apprendimento.5 L’infanzia non ha bisogno di videogiochi o di stimolazioni computerizzate per svilupparsi. Prima dei 3 anni, i cosiddetti 1000 giorni di vita (di cui sopra), per un bambino è fondamentale sviluppare competenze interagendo in maniera attiva con ciò che lo circonda attraverso esperienze che coinvolgono tutti e cinque i sensi. Solo questo tipo di interazione con l’ambiente permette al nostro cervello di sviluppare le proprie risorse neuronali.6

Secondo i neuroscienziati Michael Posner e Mary Rothbart, l’attenzione ci fornisce quei meccanismi che stanno alla base della nostra consapevolezza del mondo e del controllo volontario dei pensieri e delle emozioni.7

Attenzione, concentrazione ed emozioni sono la base per attivare un processo di conoscenza e immagazzinamento di nuove informazioni, ma ad oggi sembra che questi elementi siano “minacciati” dall’esposizione precoce alle tecnologie. Se distrarre l’attenzione di un bambino mentre è immerso in un gioco, solo per fare un commento o un complimento, disturba in maniera profonda la sua attività attentiva e lo sforzo di concentrazione che il bambino ha fatto per arrivare in quel punto, figuriamoci cosa accade in un cervello che cerca di connettere i propri neuroni quando è continuamente stimolato da luci, colori e canzoncine ripetute in maniera incessante!8

L'utilizzo della tecnologia nell'infanzia come intrattenimento, senza modulazione di tempo e controllo, non è un metodo utile al suo corretto sviluppo.
L’utilizzo della tecnologia nell’infanzia come intrattenimento, senza modulazione di tempo e controllo, non è un metodo utile al suo corretto sviluppo.

La SIP (Società Italiana di Pediatria) si è espressa in merito all’utilizzo precoce dei device da parte dei bambini 0-8 anni tenendo conto sia degli effetti positivi che degli effetti negativi sulla salute fisica e mentale della nuova generazione. Dallo studio è emerso che il 72% delle famiglie con bambini compresi nella fascia “0-2 anni” utilizza lo smartphone durante i pasti e quindi anche durante l’allattamento e il 26% lascia che i propri figli utilizzino lo strumento in maniera del tutto autonoma.9

Offrire ad un bambino uno smartphone mentre si è in attesa al ristorante o al parco è un gesto che porta con sé delle ripercussioni. In primo luogo bisogna sottolineare che il touch-screen non è una vera esperienza sensoriale e, l’accarezzare una superficie liscia che manda stimoli visivi, non ha lo stesso effetto di disegnare con una matita su un foglio. Lo stimolo cambia in maniera repentina, l’attenzione non è costante e, se fruito per molte ore al giorno, rischia di intaccare il corretto sviluppo neurologico. Non è lo strumento di per sé ad essere negativo ma il modo in cui se ne fa uso.

Il device sviluppa dipendenze da chi lo utilizza, ancora di più se l’età è inferiore ai 3 anni. Il nostro cervello per funzionare mette in atto una meccanica di rinforzo positivo e, se lo smartphone risponde e corrisponde a questo bisogno, è facile creare dipendenze ancora prima che il cervello sia del tutto maturo.10

La tecnologia ha cambiato la nostra vita per sempre. Ad oggi la dimensione vitale, relazionale, sociale, lavorativa ed economica non può più essere vista senza la continua interazione tra la realtà materiale/analogica e la realtà virtuale/interattiva. Ma l’esposizione precoce alle tecnologie può in qualche modo modificare lo sviluppo del nostro cervello? Se è si, in che modo?

Un uso scorretto dei supporti tecnologici durante l'infanzia può aprire la strada a nuovi disturbi? Fenomeni come gli "hikikomori" (persone che decidono di ritirarsi da qualsiasi tipo di vita sociale per lunghi periodi), sono l'introduzione dei fenomeni di possibile sviluppo per i nativi digitali?
Un uso scorretto dei supporti tecnologici durante l’infanzia può aprire la strada a nuovi disturbi? Fenomeni come gli “hikikomori” (persone che decidono di ritirarsi da qualsiasi tipo di vita sociale per lunghi periodi), sono l’introduzione dei fenomeni di possibile sviluppo per i nativi digitali?

Luciano Floridi definisce onlife la continua interconnessione tra l’online e la vita reale.11 Questa dimensione non è più separabile né per la vecchia generazione né per la nuova, che sembra essere la più vulnerabile. I comportamenti “adulti” vengono assorbiti dai bambini in maniera del tutto naturale. I bambini ci imitano e ripetono il nostro modo di fare alla lettera e, se l’adulto utilizza il proprio device come se fosse un’estensione del proprio corpo e del proprio essere, è normale che il bambino sia portato a pensare che lo stesso rappresenti una prolunga della figura genitoriale.

Se lo smartphone o il tablet viene proposto nei momenti di crisi o nei momenti di attese, senza rivestire di importanza pedagogica questi momenti, non c’è da meravigliarsi che durante lo sviluppo, se non abituato a superare le prime crisi, tutto gli risulterà più difficile da gestire. Far assolvere un ruolo di conforto, quasi di caregiver, da uno strumento tecnologico significa delegare il ruolo di contenimento proprio dell’adulto ad un oggetto e, questo, non aiuta il nostro cervello nella regolazione delle emozioni e nello sviluppo della propria consapevolezza.

E’ interessante portare in evidenza lo studio che sta conducendo il dottor Martin Paulus, direttore scientifico presso il Laureate Institute Brain Research in Tulsa12, su un gruppo di 11.000 bambini che dall’età dei 10 anni saranno seguiti fino ai 20 per analizzare come l’influenza dei videogiochi, dei media, del digitale e le alterazioni del sonno influenzino i cambiamenti del loro cervello. Dalla ricerca sta emergendo un disallineamento tra la parte del cervello che elabora le informazioni visive e la parte del cervello che elabora giudizi e preferenze, evidenziando maggiori disturbi di ansia, irritabilità e depressione.

La parte del cervello che elabora giudizi e preferenze è la corteccia prefrontale ventrometriale ed è, come detto su, la parte del nostro cervello che concorre nella capacità di giudizio verso se stessi e gli altri, nella definizione dei propri gusti e preferenze, nell’elaborazione dei sentimenti e delle scelte etiche.13 Questo ovviamente ha un impatto in termini di sviluppo e anche di salute mentale delle nuove generazioni. L’intenzione non è quella di demonizzare le nuove tecnologie o il loro stesso uso, ma sicuramente fare delle scelte consapevoli sui tempi e le modalità di fruizione di questi dispositivi. Passeranno anni prima che la scienza possa trarre delle conclusioni certe, ma mi sento di definire tanto interessante quanto preoccupante scoprire come il nostro cervello si sta modificando in maniera molto veloce e del tutto imprevista.

Bibliografia

  1. R. Regni (2019) Maria Montessori e le neuroscienze, Fefé Edizioni p. 23.
  2. Cliques of Neurons Bound into Cavities Provide a Missing Link between Structure and Function Frontiers in Computational Neuroscience (2017). DOI: 10.3389/fncom.2017.00048Il nostro cervello mostra un’architettura sempre più complessa
  3. Presadiretta, La scatola nera, Raiplay
  4. Cfr. D. Novara, L. Beltrami, L’intelligenza delle mani. La crescita del bambino attraverso i sensi e il movimento, Rizzoli, 2023
  5. R. Regni (2019) Maria Montessori e le neuroscienze, Fefé Edizioni p. 11.
  6. Daniele Novara, Guida all’uso della tecnologia da 0 a 6 anni, Uppa
  7. Posner MI, Rothbart MK. Research on attention networks as a model for the integration of psychological scienceAnnu Rev Psychol. 2007;58:1-23. doi:10.1146/annurev.psych.58.110405.085516
  8. R. Regni (2019) Maria Montessori e le neuroscienze, Fefé Edizioni p. 167.
  9. Società Italiana di Pediatria, Salute dei minori e digitale
  10. Wikipedia, Sistema di ricompensa
  11. Barriere fisiche e tecnologiche, Siamo tutti OnLife: intervista al Professor Luciano Floridi, CSSPD – Centro Studi Sociali Pietro Desiderato
  12. Presadiretta, La scatola nera, Raiplay
  13. Wikipedia, Corteccia prefrontale ventromediale
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Maria Gloria Spitaleri classe ‘92 nata e cresciuta in un paesino del sud della Sicilia. Vive a Bologna da 10 anni dove ha incontrato l’amore e anche la sua professione. Si è laureata dapprima come educatore sociale e culturale all’Alma Mater Studiorum di Bologna con la tesi: “Infanzia e adultizzazione” e, successivamente ha conseguito la magistrale in Pedagogia nella stessa università con la tesi “Montessori e le neuroscienze – Come l’educazione modifica il cervello” ottenendo la lode. Crede in una crescita sostenibile lasciando lo spazio e il tempo ai bambini di misurarsi con il mondo che li circonda rispettando sé stessi e le proprie abilità. Insegnante in corso di formazione AIMI. Appassionata lettrice e pittrice nel tempo libero.