Nell’articolo “Blockchain, il registro distribuito in catene di blocchi” abbiamo già approfondito il tema della blockchain, ed anche con “Algoritmi di consenso” è stato approfondito il funzionamento alla base della sicurezza di un ecosistema di questo tipo.
Tuttavia spesso sia nei portali di news, nei forum o in generale in tanti altri articoli, si fa dei termini distributed ledger technology (DLT) e blockchain un uso tale da far pensare che siano l’uno sinonimo dell’altra, generando confusione. Seppure che le due tecnologie hanno scopi molto simili ed appartengano alla stessa famiglia, sono due prodotti differenti.
Cos’è la DLT?
Come accennato, la distributed ledger technology non fa uno specifico riferimento alla blockchain.
La blockchain è un tipo di registro distribuito, ma essendo un registro distribuito in una catena di blocchi fa parte della stessa famiglia, rimane comunque una tecnologia diversa.
Ciò che differisce le DLT dalla blockchain, è la struttura di ciò che viene scritto sul registro che poi viene distribuito.
I registri distribuiti non prevedono per forza l’utilizzo di una catena di blocchi, con la nascita della blockchain la prima grande differenza, più che la struttura dei database, è stata la
decentralizzazione.
In effetti molte delle DLT nate successivamente all’esordio della blockchain, hanno adottato la caratteristica della decentralizzazione ma conservando una struttura di registrazione differente rispetto alla catena di blocchi.
La caratteristica comune tra le blockchain esistenti, come quella di Bitcoin, e altri ecosistemi DLT, come ad esempio Hedera o IOTA, è la presenza di più copie del registro in quanto distribuito tra i nodi validatori.
Il modello utilizzato da queste reti viene definito DAG (Grafico aciclico diretto) e sono dei complessi computazionali e matematici che permettono la creazione di sistemi distribuiti simili alla blockchain.
Le differenze sono quindi architetturali e queste variazioni definiscono una tecnologia piuttosto che un’altra.
Qual è la tecnologia migliore?
Si potrebbe pensare di fare un confronto tra le diverse tecnologie presenti, per fare un paragone e dare una valutazione ai progetti.
Non è tuttavia, da solo, il parametro corretto per dare una valutazione ad un progetto, una blockchain o una DLT, nel loro complesso hanno diverse caratteristiche da essere valutate.
Queste caratteristiche sono innanzitutto la sicurezza, è importante conoscere di quali vulnerabilità potrebbe soffrire un determinato ecosistema. Nessuno di noi vorrebbe depositare dati o valori di qualche tipo su un sistema che possa essere bucato come uno scolapasta, di sicuro uno dei pilastri della qualità dipende da questo fattore che non è strettamente legato all’architettura di un database quanto ad altri elementi come l’algoritmo di consenso o la decentralizzazione.
Alcuni dei progetti DLT più promettenti hanno una crescita più lenta proprio a causa di una scarsa decentralizzazione. Una maggiore centralizzazione può essere sinonimo di vulnerabilità, che può attirare quindi minori investimenti (a causa del timore che il proprio capitale vada perso) e quindi un minore sviluppo.
Infine, la scalabilità della rete, ovvero la capacità di essere facilmente modificato ed adattato alle necessità, qualora ci fossero variazioni notevoli della mole di dati e traffico da trattare.
Quindi, esattamente come per le blockchain, la qualità di un progetto o di una tecnologia, sono rimandabili oltre che al trilemma appena citato, anche al valore aggiunto che può apportare a quanto già presente sul mercato, o anche al marketing del team.
Non c’è una caratteristica specifica che conferisca all’una o all’altra tecnologia il titolo di “tecnologia migliore”.
Se Bitcoin ha una capitalizzazione superiore rispetto a qualsiasi altra distributed ledger technology, è per una serie di caratteristiche come la decentralizzazione innata e naturale fin dagli albori e la diffusione della moneta partendo dal basso, piuttosto che l’architettura di un database, che può essere una caratteristica che conferisce vantaggi, ma che non è sicuramente il pilastro di un’adozione di massa.
Dove trovare le DLT
Citerò ed analizzerò brevemente alcune delle reti più considerevoli in fase di sviluppo e conosciute anche nel mondo delle criptovalute.
Per questioni di lunghezza faremo solo una breve descrizione degli ecosistemi degni di nota.
Hedera è la DLT più capitalizzata al momento. Hedera Hashgraph con la sua criptovaluta nativa HBAR ha come obiettivo principale quello di offrire servizi di livello aziendale che siano sicuri, veloci e scalabili, questo rende la sua criptovaluta solo un mezzo per rendere sicuro l’ecosistema. Hedera usa un particolare algoritmo di consenso proprietario che è appunto hashgraph. Sulla rete sono attivi gli smart contract ed è quindi possibile sviluppare ed eseguire delle applicazioni decentralizzate. Può vantare la presenza di aziende importantissime, come Google, LG, Boeing, Standard Bank, Ubisoft, IBM e molte altre, all’interno del suo consiglio governativo.
Anche IOTA, capitalizzata attualmente circa la metà di quando non sia Hedera, è una DLT basata su Tangle.
Il Tangle è un tipo di grafico aciclico diretto, che rende quindi questa tecnologia diversa dalla blockchain. Il principale scopo di questo progetto è quello di gestire in modo più corretto l’evoluzione dell’Internet of Things. Lo sviluppo di questo progetto si basa sulla stima che in futuro esisteranno più di 50 miliardi di dispositivi connessi ad internet per fornire servizi inimmaginabili, che avranno la necessità di svolgere delle microtransazioni per rendere sicuri questi servizi. L’idea di IOTA è quello di rendere tutto questo più leggero ed agevole su una rete infinitamente scalabile evitando la centralizzazione causata dal raggruppamento dei miners, quindi della potenza computazionale e del diritto decisionale.
Radix DLT è forse il meno noto tra questi registri distribuiti, anche perché in ordine cronologico è l’ultimo che ha visto la luce. Anche questa DLT ha un suo algoritmo di consenso proprietario chiamato Cerberus. Lo scopo del progetto è quello di rendere la finanza decentralizzata più sicura e veloce, oltre che più fruibile da tutti. Il progetto è estremamente innovativo ed è ancora in fase di sviluppo. La fase di sviluppo attuale “Alexandria” prevede la possibilità di sviluppare smart contract in Scrypto (il linguaggio proprietario utilizzato sulla piattaforma), i ambiente privato, ed è previsto il rilascio di “Babylon” per il secondo trimestre del 2023.
Questi ecosistemi sono tutti considerati dei layer 1, spiegai la differenza tra i vari livelli nell’articolo “Layer 0, layer 1 e layer 2. Quali le differenze?“, articolo in cui è possibile ascoltare anche un piccolo podcast sulla disambiguazione dei livelli funzionali e architetturali.
Conclusioni
Il mare magno dello sviluppo delle nuove tecnologie, che riguardi i registri distribuiti, l’informatica o qualsiasi altro campo ci dimostra sempre più che non esiste una tecnologia migliore di un’altra (anche se in alcuni casi ci sono delle piccole eccezioni che confermano la regola), ma più che altro che ogni tecnologia è maggiormente predisposta per un determinato utilizzo.
Tra questi tre progetti menzionati è difficile dire se ce ne sia uno migliore di un altro, ma ognuno di questi si pone come obiettivo quello di risolvere un problema diverso. In futuro, per non lasciare nulla al caso mi auguro di poter approfondire singolarmente ognuna di queste tecnologie in articoli dedicati.