Sono tanti i termini e i concetti che si sentono quando si discute di questo argomento: canapa, marijuana, cannabis, olio di canapa, CBD, THC e chi più ne ha più ne metta. Molto spesso si confondono tanti concetti distinti che fanno parte dello stesso argomento ma che sono cose totalmente differenti.
Quando si parla di cannabis si fa riferimento alla pianta della canapa, a prescindere dalle sue caratteristiche, comprendendo ogni tipo di varietà.
La marijuana invece è una mistura di foglie, fiori e/o semi tritati che si ottiene dalla pianta di canapa ed ha un’aspetto di colore marrone-grigio-verde. L’aspetto varia in base al tipo di varietà e di quantità di foglie, semi o fiori che vengono impiegati nella mistura.

Nell’uso comune dei termini, spesso viene indicata la pianta come “pianta di marijuana”, ma si tratta di un errore.
Questa è solo una disambiguazione per introdurre un argomento più ampio, relativo alla cannabis ed ai suoi effetti ed utilizzi, negativi o positivi che siano.
Tetraidrocannabinolo (THC) e cannabidiolo (CBD)
Anche se la cannabis contiene centinaia di sostanze chimiche e nello specifico un’alta quantità di cannabinoidi, i principi attivi maggiormente presenti sono il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) e il cannabidiolo (CBD). Questi due hanno effetti molto diversi sul corpo umano, quasi totalmente opposti.
Il THC è il motivo principale per cui questa pianta è stata resa illegale in molti stati, trattandosi di una sostanza psicoattiva che agisce sul cervello, genera polemiche per le modalità d’uso in cui possa essere impiegata. Chimicamente colpisce i ricettori del sistema nervoso centrale e stimola la produzione di dopamina, il neurotrasmettitore responsabile del circuito di ricompensa (viene chiamato così perché descrive il meccanismo di rinforzo di una determinata esperienza), rilasciata ogni qual volta che proviamo piacere, sia psicologico che fisico.
Sul tetraidrocannabinolo e sugli effetti della sua assunzione breve, media e lunga, sono stati pubblicati moltissimi studi. Questo cannabinoide ha dimostrato di avere dei potenti effetti analgesici, antinfiammatori, antiemetici e miorilassanti1. Tuttavia non è privo di effetti collaterali che vanno, parlando di conseguenze acute, dall’alterazione della memoria a breve termine, alla stanchezza, spossatezza, secchezza delle fauci e disturbi di coordinazione.
Il CBD è invece il componente principale che troviamo nelle varietà della cosiddetta cannabis light. La cannabis che viene commercializzata in Italia non contiene sostanze psicoattive, o ne contiene a percentuali irrisorie che non hanno alcun effetto. Il cannabidiolo non produce alcun effetto psicoattivo, per questo motivo è stato maggiormente studiato ed è disponibile una bibliografia più ampia in merito. Proprio per questo motivo, con il CBD sono state sviluppate anche delle terapie per malattie neurodegenerative come il morbo di Parkinson o il morbo di Alzheimer2.
Questo componente sembra modulare dei meccanismi del corpo già esistenti, ma che in alcuni casi potrebbero richiedere un maggior equilibrio. L’essere umano è dotato di un sistema endocannabinoide che, a causa di traumi o patologie, può perdere il suo equilibrio. L’assunzione di CBD può fungere da modulatore e ripristinare alterazioni sia fisiologiche che cognitive, come l’umore, la sensazione di dolore o l’appetito3.

Alcuni studi hanno però evidenziato la possibilità di neurotossicità da parte di queste sostanze4. Parlando di tossicità, è chiaro che gli effetti avversi possono fare una comparsa nel breve termine con problemi acuti, descritti poc’anzi, o nel lungo periodo attraverso l’interazione con la fisiologia del cervello, creando dei problemi cronici5. Questo avviene più probabilmente con abusi o lunghe esposizioni a quantità fuori da ogni criterio e soprattutto in caso di patologie preesistenti.
Gli studi citati sono un riferimento non univoco e potrebbero essere smentiti o confermati in futuro con trial clinici più specifici e approfonditi.
Varietà
Le varietà di cannabis sono tantissime. Vengono considerate un’unica grande famiglia a causa delle loro caratteristiche morfologiche spesso eterogenee, pur appartenendo a razze differenti. Nonostante l’aspetto, hanno delle caratteristiche genetiche distinte. Il loro fenotipo genetico è assai variabile, molto influenzato dall’ambiente, dalla temperatura, dalla composizione del terreno e/o dall’altitudine. Ciononostante è possibile classificarle in tre grandi macro-varietà, ovvero in cannabis ruderalis, indica e sativa.
La cannabis ruderalis è una tipologia di canapa a bassissimo contenuto di THC, mentre può avere sia bassi che alti livelli di CBD. Non viene per questo motivo impiegata per uso ricreativo. Proviene dalla Russia ed ha un aspetto ridotto con un fusto piuttosto robusto e senza ramificazioni laterali, spesso impiegata per l’ibridazione dei ceppi. Sativa e indica sono le due razze predominanti a livello di mercato, la ruderalis è considerata una pianta infestante perché adattandosi alle condizioni estreme dell’ambiente, si è evoluta come una pianta molto resistente a condizioni ostili. Il termine ruderalis significa “macerie”, per indicare appunto una pianta selvatica che cresce spontanea anche in condizioni sfavorevoli.

La cannabis sativa viene coltivata per la produzione di carta, per uso tessile ed edile e per uso medico e ludico. Le differenze tra sativa e indica sono visibili a colpo d’occhio. Le appartenenti alla prima sono solitamente più alte con un’altezza che può raggiungere i 5 metri con foglie più lunghe e sottili, al contrario le appartenenti alla seconda sono più robuste e compatte con foglie più larghe e corte. I fiori della sativa sono generalmente più grandi rispetto a quelli delle indica ed hanno una densità di resina superiore. Anche il profumo è molto diverso, le indica sprigionano un’aroma molto più forte.
I tempi di fioritura sono diversi e in condizioni analoghe, la cannabis sativa può impiegare dai 60 ai 90 giorni, le indica hanno tempi più stretti che vanno dai 45 ai 60 giorni.
Un’altra differenza importante è l’effetto psicoattivo che le due razze esercitano, le sativa creano un effetto più energizzante ed euforico e più celebrale, mentre le indica contribuiscono al rilassamento fisico, motivo per cui la varietà è utilizzata maggiormente come analgesico.
Un po’ di storia
La storia della canapa è qualcosa di eccezionalmente lungo e documentato con reperti e ritrovamenti. Ne citeremo alcuni tra i più importanti, dall’antichità fino ai giorni nostri per descrivere quanto la storia di questa pianta sia parallela a quella della civiltà umana.
A quanto pare, la cannabis, è una pianta che viene coltivata e utilizzata per gli scopi che abbiamo già menzionato fin dall’antichità. La storia descritta nei più minimi particolari è raccontata dal The History of Cannabis Museum a Washington6, negli Stati Uniti.
Si crede che la canapa sia stata la prima pianta da fibra in assoluto che sia mai stata coltivata. Le prime testimonianze archeologiche del suo utilizzo, sono risalenti a dodicimila anni fa in Cina. In un vecchio sito neolitico a Yuan-Shan, furono rinvenute delle ceramiche con segni di cordone di canapa insieme ad un battitore di pietra a forma di bacchetta, un antico pestello per schiacciare la canapa.
In questo periodo storico, veniva usata per produrre diverse cose tra cui carta, reti da pesca, vestiti e corde, mentre i semi venivano utilizzati sia come cibo che per la produzione di olio. Questi ritrovamenti così antichi fanno pensare che sia stata una delle prime colture umane mai conosciute.
Intorno al 2900 a.C. si hanno documenti del primo utilizzo della cannabis per le sue proprietà medicinali, più precisamente ad opera dell’imperatore Fu Hsi, al quale i cinesi attribuiscono il merito di aver portato la civiltà in Cina. Questo imperatore fece riferimento a “Ma“, il termine cinese per cannabis, documentando che questa pianta fosse una medicina molto popolare e che avesse sia yin che yang. La storia della Cina è ricca di riferimenti alla canapa come pianta dai poteri curativi.
Sempre in antichità, circa nel 2700 a.C., si ritiene che l’imperatore Chen Nung, autore del libro The Great Herbal alias Pen T’sao, abbia studiato e messo in pratica le qualità curative della canapa così come quelle di altre due piante fondamentali della medicina erboristica cinese, il ginseng e l’efedra.

Si fa riferimento alla cannabis anche nei testi sacri indù compilati tra il 200 e il 1400 a.C.. Per questi testi la canapa è una fonte di felicità e di gioia, donata agli esseri umani per affrontare e dimenticare la paura. Bhang (foglie, semi e steli di cannabis essiccati) è menzionato nel testo sacro indù Atharvaveda (Scienza degli incantesimi) come “Erba Sacra”, una delle cinque piante sacre dell’India.
Anche in Africa, intorno al 2000 a.C., gli antichi egizi utilizzavano la canapa per trattare il glaucoma, l’infiammazione dell’utero e le emorroidi. I papiri Ebers sono una raccolta di rimedi naturali tra cui il sedano macinato nel latte vaccino, il mais triturato e la canapa pestata nel miele. Esistono poi altri papiri che sono testimonianze che vanno dal 1700 a.C. al 1200 a.C., periodo dopo il quale si è diffusa in tutta l’Africa dall’Etiopia al Mozambico.
La cannabis fa poi la sua comparsa nel nord Europa tra il 500 e il 300 a.C.. Lo storico Erodoto fu il primo a registrare le usanze rituali e ricreative della pianta da parte degli Sciti, un folto gruppo di nomadi eurasiatici. Queste testimonianze sono disponibili nel libro “Erodoto le storie”.
Facendo un salto spazio temporale, nel 70 d.C., il testo medico romano cita la cannabis. Il greco Pedanius Dioscorides, che era un medico dell’esercito romano, studiò diverse piante raccogliendo i suoi studi in un libro che intitolò De Materia Medica. Dioscorides affermò senza mezzi termini che la pianta utilizzata per la fabbricazione di corde, poteva produrre una resina che poteva essere utilizzata per la cura del mal d’orecchio o per reprimere il desiderio sessuale.
Nel 1533 il re Enrico VIII si trovò a dover soddisfare la domanda crescente di cime e tela per vele per la sua nuova marina, motivo per cui decretò che tutti i proprietari terrieri riservassero un quarto di acro per ogni sessanta acri di terra, per la coltivazione di lino o canapa al fine di poter fornire le fibre necessarie.
Parlando invece di uso ricreativo, il South African Journal of Science ha pubblicato dei risultati riguardanti delle analisi chimiche svolte su alcune pipe da tabacco risalenti al XVII secolo. Le ciotole e gli steli delle pipe sono state concesse dallo Shakespeare Birthplace Trust di Startford-upon-Avon. Queste pipe, rinvenute dagli scavi effettuati nel giardino di William Shakespeare, hanno indicato presenza di cannabis in otto campioni, nicotina in uno e cocaina peruviana in altri due.
Nel 1941 Henry Ford presentò il primo ed ultimo esemplare della Hemp Body Car, ovvero un’auto del tutto innovativa in quanto era stata applicata una carrozzeria composta da 14 pannelli di materiali plastici rinforzati con il 10% di fibre di cannabis.
Legalizzazione e proibizionismo
Nel 1937 negli Stati Uniti venne emanata dal presidente Franklin Delano Roosvelt, la Marihuana Tax Act, una legge che diede inizio al proibizionismo nei confronti dell’uso, coltivazione e commercio della pianta. Più che di un divieto vero e proprio, si trattava di una legge che metteva in atto un meccanismo che favoriva l’inutilizzo della pianta per questioni tributarie estremamente esose e per cavilli legali e burocratici che, se non rispettati, prevedevano pene pecuniarie e detentive asprissime. Questo divieto si estese poi in pochi anni a molti altri paesi nel mondo.
Dal 1996 in poi, in California si legalizzò la cannabis ad uso terapeutico dopo questo lungo periodo di proibizione.
Ad oggi il dibattito per la legalizzazione in moltissime nazioni è molto animato e controverso. Attualmente, moltissime delle nazioni in cui era vietata, hanno autorizzato l’uso per scopi medici. I criteri nei paesi in cui è stata legalizzata sono relativi a limiti di possesso in grammi, limiti di concentrazione di THC, o un numero massimo di piante per le coltivazioni personali. Alcuni tra i paesi che non hanno optato per la legalizzazione hanno depenalizzato le pene per il consumo o per il possesso.
Sono quadri normativi e liste di paesi che sono in continuo cambiamento e sarebbe inutile e molto lungo elencarle.
Bibliografia e fonti
- Elikkottil J, Gupta P, Gupta K. The analgesic potential of cannabinoids. J Opioid Manag. 2009 Nov-Dec;5(6):341-57. Erratum in: J Opioid Manag. 2010 Jan-Feb;6(1):14. Elikottil, Jaseena [corrected to Elikkottil, Jaseena]. PMID: 20073408; PMCID: PMC3728280.
- Watt G, Karl T. In vivo Evidence for Therapeutic Properties of Cannabidiol (CBD) for Alzheimer’s Disease. Front Pharmacol. 2017 Feb 3;8:20. doi: 10.3389/fphar.2017.00020. PMID: 28217094; PMCID: PMC5289988.
- Atalay S, Jarocka-Karpowicz I, Skrzydlewska E. Antioxidative and Anti-Inflammatory Properties of Cannabidiol. Antioxidants (Basel). 2019 Dec 25;9(1):21. doi: 10.3390/antiox9010021. PMID: 31881765; PMCID: PMC7023045.
- Huestis MA, Solimini R, Pichini S, Pacifici R, Carlier J, Busardò FP. Cannabidiol Adverse Effects and Toxicity. Curr Neuropharmacol. 2019;17(10):974-989. doi: 10.2174/1570159X17666190603171901. PMID: 31161980; PMCID: PMC7052834.
- Rocchetti, M., Crescini, A., Borgwardt, S., Caverzasi, E., Politi, P., Atakan, Z. and Fusar-Poli, P. (2013), Cannabis effects in non-psychotic users. Psychiatry Clin Neurosci, 67: 483-492.
- The History of Cannabis Museum


