Cos’è il grano Saragolla? É il trisavolo dei moderni grani duri, una tipologia di cereale che si presta molto bene all’agricoltura biologica grazie alla sua resistenza alle fitopatie più conosciute, oltre che alla conformazione della sua spiga che gli conferisce una buona resistenza all’allettamento. Per allettamento s’intende il piegamento della spiga fino a terra ad opera della pioggia o del vento.

A livello nutrizionale è molto simile al Khorasan, più famoso come Kamut®, trattandosi comunque sia di un Khorasan.
In realtà quando facciamo riferimento al Kamut®, nominiamo un marchio registrato da un’azienda statunitense e non un cereale.
In Italia è possibile reperire la Saragolla, una varietà di Khorasan tutta italiana, coltivata in Abruzzo, in Lucania e in Campania, e in una zona geograficamente definita Sannio. Visto che abbiamo la disponibilità di questa prelibatezza, perchè non farci un bel pezzo di pane?
La parola Saragolla infatti deriva dal bulgaro antico sargo che vuol dire ‘giallo‘ e goyo vuol dire ‘chicco‘ per il suo intenso colore giallo.
Così come la semola che se ne ricava ha una colorazione gialla.
La farina ottenuta dalla macinazione di questo grano, è altamente digeribile grazie al basso contenuto di amidi e di glutine, tuttavia anche se la presenza di glutine è inferiore piuttosto che nella farina ottenuta dal creso, rimane una farina non adatta ai celiaci in quanto genera glutine.
Vediamo come ottenere dell’ottimo pane da questa eccezionale materia prima.
Lavorazione
300gr di farina 00;
300gr di farina di grano Saragolla;
350ml di acqua con 12 gr di sale;
120gr di lievito madre;
10gr di farina di fave in alternativa Farina di Frumento Maltata (malto diastasico);
Unire le farine nelle proporzioni indicate. Le farine di grano tenero 00 contengono una maggior quantità di glutine, questo conferisce all’impasto una maggiore elasticità, se non si desidera un pane più alto e più soffice è possibile mettere solo farina di grano Saragolla.
In questa ricetta è stato utilizzato Il lievito madre ottenuto da un impasto lasciato acidificare, è possibile sostituirlo con l’equivalente di lievito di birra per mezzo chilo di farina. Infine i 10 grammi di farina di fave o di frumento maltato, servono a costituire una crosta più croccante, ma non è un ingrediente strettamente necessario.
Inglobare bene il lievito madre nelle farine e dopo averle mischiate bene, aggiungere anche l’acqua. Potrebbe variare la quantità di acqua da aggiungere in base alla forza della farina che userete. Mischiare fino ad ottenere l’impasto.
In questo caso è stata realizzata una quadrotta, ma chiaramente è possibile dare qualsiasi forma desideriate al vostro pane.

Lievitazione
Ottenuto l’impasto, metterlo a lievitare in un posto che sia riparato, ad una temperatura che sia intorno ai 25 gradi.
É importante mantenere questa temperatura perché, i saccaromiceti, ovvero i microrganismi che fermentano all’interno dell’impasto, generando anidride carbonica e quindi gonfiando il pane, si riproducono più facilmente a quella temperatura, per cui più sarà la riproduzione di questi microrganismi, maggiore sarà la fermentazione e maggiore sarà la lievitazione del pane.
Il tempo di lievitazione varia in base al tipo ed alla quantità di lievito utilizzata, o anche in base alla temperatura. Nel caso di un lievito madre ottenuto da pasta acida come quello utilizzato in questa ricetta, potrebbero essere necessarie dalle 12 alle 24 ore in base all’intensità della pasta acida, è possibile ridurre i tempi anche fino ad un’ora con l’uso del classico lievito di birra.
Ad temperature troppo altre, quindi oltre i 35 gradi, il lievito potrebbe morire e non fermentare, non avvenendo per nulla la lievitazione, oppure si potrebbe andare incontro ad un’acidificazione estrema che renderebbe l’impasto troppo acido. Al contrario a basse temperature, sarebbe necessario più tempo in quanto il freddo rallenta la fermentazione.
Cottura
Ottenuta la lievitazione come desiderata, cuocere il pane nel forno a 200 gradi tra i 25 e i 35 minuti.
Anche la cottura può variare. La migliore soluzione in assoluto è una cottura in caduta, ovvero una camera ad altissime temperature senza fonte di calore attiva, anche se è molto difficile ottenerla con i forni moderni a ventilazione, è un tipo di cottura che generalmente si ottiene con un forno a legna. Un esposizione troppo diretta alla resistenza è sconsigliata, può creare una scorsa troppo dura e spessa.