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La democratizzazione del coding

La programmazione e lo sviluppo software non sono più territori esclusivi degli specialisti. Grazie all’intelligenza artificiale, alle piattaforme low-code e no-code, oggi chiunque può creare prodotti digitali, automatizzare processi e portare idee sul mercato con rapidità e precisione senza precedenti. Siamo testimoni di una rivoluzione che, pur presentando opportunità straordinarie, genera anche perplessità sulla tenuta delle professionalità tradizionali e sull’identità stessa dello sviluppatore.​

Entusiasmo, l’era della creatività diffusa

La democratizzazione del coding ha aperto le porte a un’esplosione di creatività, innovazione e accesso. Oggi milioni di persone, prima escluse dal processo tecnologico, sono in grado di “prototipare”, costruire e mettere online soluzioni digitali in tempi record. Aziende, associazioni e persino singoli cittadini trasformano la propria conoscenza di settore in automazioni concrete, semplificando la vita personale e lavorativa.
Dunque l’intelligenza artificiale, in particolare, sta diventando un alleato naturale per sviluppatori, imprenditori e creativi, aumentando drasticamente la produttività e annullando numerosi ostacoli tecnici.​

La formazione continua è la chiave per restare al passo con un mercato del lavoro in costante evoluzione, guidato dall’intelligenza artificiale e dalle nuove tecnologie. La vera sfida non è solo aggiornarsi, ma saper spostare le proprie competenze verso i nuovi orizzonti che il cambiamento apre.

Le piattaforme low-code/no-code permettono di creare flussi di lavoro, applicazioni e siti web anche senza saper programmare, gli assistenti AI suggeriscono, correggono e generano parti di codice su richiesta, accelerando lo sviluppo.
La collaborazione interdisciplinare è amplificata, non serve più “parlare il linguaggio degli sviluppatori”, sono le piattaforme che traducono esigenze in soluzioni.​

Le perplessità: disoccupazione e de-specializzazione

Se l’entusiasmo è giustificato, le perplessità non mancano.
Mentre l’AI assume un ruolo sempre più centrale e la soglia tecnica si abbassa, emerge il rischio concreto di una “de-specializzazione” dell’essere umano.
Automazione spinta significa meno necessità di programmatori nel senso classico del termine, e quindi rischio di disoccupazione tecnologica per chi non evolve la propria competenza, quindi chi si affida troppo alle piattaforme rischia di perdere il controllo reale sul codice prodotto, con vulnerabilità nascoste e problemi di scalabilità. La competizione sul mercato si sposta dalle abilità tecniche alla capacità di comunicazione, marketing e “lettura” del bisogno. Chi non investe nel reinventarsi rischia di essere tagliato fuori.
Professioni un tempo molto richieste vedranno abbassarsi la barriera d’ingresso, riducendo la remunerazione media e il prestigio sociale. Il coding, insomma, potrebbe diventare alla stregua di una commodity.​

Dove si sposteranno le competenze?

La storia della tecnologia insegna che non c’è mai stato vero crollo della specializzazione, spesso, le competenze si spostano, nascono nuovi ruoli e si affermano skills diverse. A livello macro, la democratizzazione del software porta a una ridefinizione del concetto di competenza, ovvero cresce il valore delle soft skills, della creatività, della capacità di orchestrare processi complessi e multidisciplinari, dove l’AI e gli automatismi sono strumenti e non sostituti.
Il bisogno di pensiero critico resta centrale, l’AI può automatizzare, ma non può risolvere problemi davvero nuovi né garantire interpretazione etica delle soluzioni, l’integrazione tra chi “sa progettare sistemi” e chi “sa leggere il mercato” diventa il vero fattore vincente, non solo la padronanza del codice.

Chi saprà seguire questa evoluzione, spostando le proprie competenze verso strategia, supervisione, interfaccia tra uomo e macchina, sarà premiato. Gli altri rischiano di venire superati da processi automatizzati e da un mercato che richiede flessibilità estrema e formazione costante.

Disoccupazione tecnologica, promesse e nuove incertezze

Se da un lato la democratizzazione del coding promette inclusione e nuove opportunità, dall’altro i dati su America, Europa e mercati globali mostrano un quadro complesso e persino inquietante sotto il profilo della disoccupazione.
Negli Stati Uniti, ad esempio, si registra un rallentamento delle assunzioni hi-tech e un aumento del tasso di disoccupazione nel settore IT al 5,5% a metà 2025, con una crescita significativa dei neolaureati che faticano a trovare un primo impiego, soprattutto nel comparto tecnologico dove la spinta verso l’automazione e lo sviluppo AI ha modificato radicalmente le richieste del mercato del lavoro.

In Italia e in Europa, l’intelligenza artificiale non ha ancora causato una disoccupazione di massa tra gli informatici, ma sta ridisegnando il settore. Cresce la domanda di competenze avanzate in AI e automazione, mentre i ruoli tradizionali di sviluppo e manutenzione software rallentano.

A livello europeo la situazione appare meno critica nella media generale (il tasso di disoccupazione dell’Eurozona segna livelli storicamente bassi, attorno al 6,2-6,3%, fenomeno anche dovuto probabilmente alla lentezza dell’adozione delle nuove tecnologie), ma questo dato nasconde forti squilibri tra le regioni e un aumento marcato della disoccupazione giovanile e della cosiddetta “disoccupazione nascosta”, cioè di chi non cerca più attivamente impiego dopo ripetuti insuccessi.
Insomma su scala globale, gli studi dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro e del World Economic Forum stimano che, entro la fine del 2025, l’Intelligenza Artificiale possa aver sostituito fino a 85 milioni di posti di lavoro, soprattutto tra i colletti bianchi o tra i ruoli a bassa specializzazione o di natura meccanica e ripetitiva.
Questo effetto rischia di colpire soprattutto chi non riesce a riqualificarsi rapidamente per i nuovi bisogni del mercato digitale. In sintesi, la democratizzazione dello sviluppo crea nuove opportunità, ma genera anche un’accelerazione dei fenomeni di sostituzione lavorativa – ed esige strategie urgenti di formazione e adattamento su vasta scala.

Una bolla o una vera svolta?

La democratizzazione del coding porta con sé il rischio di saturazione e di prodotti “mediocri”, come avviene in ogni fioritura tecnologica.
I segnali di una rivoluzione permanente sono indubbiamente forti:, le barriere tecniche saranno sempre più basse, la competizione sarà sempre più sul “valore creato” e non sulla pura qualità tecnica, le vere specializzazioni saranno nel disegno di esperienze, nell’integrazione complessa, nella sicurezza e nell’etica digitale.​

Esseri umani, AI e il futuro della professionalità

Grazie all’intelligenza artificiale, ai nuovi modelli di sviluppo e alla democratizzazione del coding, l’innovazione tecnologica sembra “finalmente” accessibile a tutti.
L’entusiasmo è giustificato, la creazione è più rapida, più inclusiva e più energetica che mai, ma questo futuro non è privo di incertezze. Chi non si adatta rischia l’esclusione, la de-specializzazione potrebbe diventare realtà per molti e la “cura” nelle competenze tradizionali sarà richiesta solo a chi saprà reinventarle.

La domanda finale resta aperta: questa nuova era porterà davvero a una perdita di specializzazione umana, o vedrà spostare le competenze verso regie sempre più sofisticate e trasversali? Solo il tempo potrà rispondere, ma la sfida è già oggi raccogliere l’opportunità, spostare le competenze e nel modo corretto e affrontare il rischio senza farsi travolgere in modo passivo.​

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Daniele Contino è un sistemista reti e servizi informatici con esperienza ventennale nell'assistenza tecnica informatica. Ha lavorato sia in ambiti corporate multinazionali che come imprenditore, ricoprendo ruoli che spaziano dall'informatica, all'amministrazione, alla vendita e al commerciale. È autore, webmaster e fondatore di Superchio.it nato dalla passione per la lettura, soprattutto di saggi, e la scrittura, ma anche per la condivisione delle proprie passioni con gli altri. Missione principale del magazine è infatti quella di condividere le proprie conoscenze e tentare di divulgare le proprie competenze.