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Stupore indigeno di Massimo Canevacci

L’autore

Massimo Canevacci è docente di antropologia culturale, presso l’Università di Roma La Sapienza. Invitato come visiting professor in diverse università europee, a Tokyo (Giappone) e a Nanjing (Cina), dal 2010 al 2017 è stato professore ospite a Florianôpolis (UFSC), Rio de Janeiro (UERJ), Sao Paulo (ECA/USP). Attualmente insegna come professore emerito a La Sapienza.

Massimo Canevacci, scrittore di Stupore Indigeno, è un antropologo, etnografo e pensatore critico italiano.
I suoi scritti sono pubblicati sia in italiano che in portoghese. Vive attualmente in Brasile a Sao Paulo, trasferitosi stabilmente nel 2008.
Prima di trasferirsi in Brasile, Massimo Canevacci è stato docente di antropologia culturale presso l’Università di Roma La Sapienza e direttore della rivista “Avatar” dal 2001 al 2006.
Noto soprattutto per i suoi lavori sulle metropoli contemporanee, in cui ha sviluppato i concetti di “metropoli comunicativa multividuale”, oltre che per le arti digitali e le culture native, come i Bororo e gli Xavante del Brasile centrale.

L’opera

Stupore indigeno non è soltanto il racconto antropologico del viaggio dell’autore alla scoperta della vita quotidiana, tra gli usi e i costumi, delle popolazioni Xavante, Bororo e Krahô.
I fondamenti di quest’opera si basano sulla scelta epistemologica e politica di Canevacci, che basa la sua ricerca e il racconto sull’auto-rappresentazione.
Auto-rappresentazione che consiste nel mettere in discussione la propria condizione esistenziale. Una crisi esistenziale che si palesa inevitabilmente davanti al contatto con popolazioni e culture lontanissime da quelle europee che, proprio per questo motivo, subiscono soprusi a causa della logica coloniale.
Massimo Canevacci racconta molti aneddoti della sua amicizia con Domingos e Divino, nativi Xavantes, molto diversi da lui per cultura. Nonostante tutto, quest’amicizia restituisce un’esperienza profonda “su un continuo scambio dialogico-emozionale“.
D’altronde dovrebbe essere questa l’enorme sfida che deve affrontare l’antropologia critica.
Il suo racconto è una precisa cronistoria sull’esperienza empirica del suo viaggio. Empirismo antropologico raccontato in avventure come quella della grande pesca, momento in cui l’autore dimentica che il tempo Xavante scorre diversamente da quello occidentale. Una piccola dimenticanza che mette in pericolo la sua vita.
L’esperienza fisica va sempre a braccetto con la continua messa in discussione dei propri pregiudizi, che possono riguardare il più banale dei preconcetti come quello dell’ospitalità che, che costerà all’autore la comodità del suo posto letto.

Mi resi conto solo in quel momento che non avevo il sacco a pelo, per mia responsabilità confusa e incredibile ingenuità. Pensavo che mi avrebbero offerto un posto dove dormire, magari un’amaca in una delle loro capanne. Allora, improvvisando, misi sul pavimento di cemento l’asciugamani, un maglione come pigiama e per coperta il mio impermeabile verde. Per fortuna avevo del pane in cassetta e acqua. Non fu facile dormire, non solo per la durezza della situazione, con il freddo che si faceva insistente, quanto per un senso di immensità solitaria, di solitudine assoluta della mia persona senza alcun contatto possibile all’esterno: il cielo stellato sopra di me in una prospettiva di libertà ben diversa dal filosofo.

Pagina per pagina si vive di pari passo con Massimo tutta la travolgente differenza degli aspetti umani soprattutto dal punto di vista fisiologico e psicologico. Si può assaporare il disagio della diversità e allo stesso tempo il piacere della scoperta, della comprensione e dello scambio culturale che queste popolazioni hanno offerto all’antropologo.
La sua passione per questo studio e per queste popolazioni si taglia col coltello. Lo stesso Domingos lo percepisce, donandogli il nome Xavante Póre’õ, ovvero uomo animato.
Per queste ricerche Massimo non ha mai avuto alcun riconoscimento accademico, non avendo mai rinunciato ad insegnare per dedicarsi alla ricerca, ha proseguito i suoi studi solamente in agosto, d’estate, quando disponeva di ferie è tempo libero dal lavoro di docente.

Un libro fluido, appassionante, i cui aneddoti sono raccontati in modo molto semplice da comprendere. La presenza di termini brasiliani o di nomi con caratteri non familiari alla lingua italiana, rende opportuno familiarizzare spesso con il glossario presente alla fine del libro.
Dopo aver visualizzato i termini più ostici un paio di volte e averne letto il significato, diventano immediatamente familiari.

 

 

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Daniele Contino è un sistemista reti e servizi informatici con esperienza ventennale nell'assistenza tecnica informatica. Ha lavorato sia in ambiti corporate multinazionali che come imprenditore, ricoprendo ruoli che spaziano dall'informatica, all'amministrazione, alla vendita e al commerciale. È autore, webmaster e fondatore di Superchio.it nato dalla passione per la lettura, soprattutto di saggi, e la scrittura, ma anche per la condivisione delle proprie passioni con gli altri. Missione principale del magazine è infatti quella di condividere le proprie conoscenze e tentare di divulgare le proprie competenze.