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Scuola, famiglia e consulenza pedagogica: partnership fondamentale

I recenti fatti di cronaca hanno toccato un nervo scoperto circa l'educazione e la violenza di genere, Mateja Nanut analizza la questione da un punto di vista pedagogico.

Manca un ponte

Il 21 novembre, alle ore 11, nelle varie scuole si è osservato un minuto di silenzio per ricordare Giulia Cecchettin, la ragazza di 22 anni per il cui omicidio è accusato il suo ex fidanzato. Il femminicidio, l’omicidio di una donna basato sul suo genere, è una realtà allarmante che affligge molte società in tutto il mondo. Questo fenomeno non è solo una violazione dei diritti umani fondamentali, ma rappresenta anche una manifestazione estrema delle disuguaglianze di genere e della violenza contro le donne.

Ma quali sono le cause del femminicidio? Sicuramente una cultura del controllo, una mentalità possessiva, ma anche fattori socioeconomici; in contesti in cui l’accesso alle risorse e alle opportunità è limitato per le donne, la violenza può diventare uno strumento di controllo e potere. Le radici profonde del femminicidio sono spesso collegate alla persistente disuguaglianza di genere, quando le donne sono considerate inferiori o subordinate agli uomini.

Allora qual è la soluzione?
Approviamo subito in Parlamento una legge che introduca l’educazione al rispetto e all’affettività in tutte le scuole d’Italia.” Lo stiamo già facendo!
Ci vogliono strategie mirate a formare i ragazzi alla consapevolezza emotiva relazionale.” Lo stiamo già facendo!
Introduciamo l’educazione emotiva e sessuale nelle scuole di ogni ordine e grado.” Lo stiamo già facendo!

La scuola lo sta già facendo, lo ha sempre fatto e continuerà a farlo. Il primo compito dei docenti è educare insegnando il rispetto, la condivisione, la collaborazione, l’aiuto reciproco, attraverso quelle che sono le materie di studio, le discipline, i laboratori, le uscite didattiche, i momenti delle pause come le ricreazioni e il pranzo in mensa.

Continua, però, lento e inesorabile il depotenziamento delle famiglie non più intese come prime agenzie educative ma come semplici bed and breakfast. La scuola non può essere l’unica soluzione a una problematica complessa che abbraccia, non solo gli ambiti socioculturali, ma anche e soprattutto ambiti emotivi e affettivi. Antonella Bonavoglia, giornalista de Il Sole 24 Ore – Link all’articolo

Allora la colpa è della famiglia, dei genitori che non hanno tempo per i propri figli, dei nonni che li viziano troppo e non dicono mai di no. La colpa è dello Stato che non offre abbastanza contributi e agevolazioni economiche a sostegno delle famiglie. La colpa è del nostro lavoro che non ci permette di trascorrere abbastanza tempo con le persone a noi care. La colpa è della tecnologia che sta crescendo dei figli emotivamente anoressici e socialmente isolati.
Sapete che c’è? C’è che siamo sempre tutti pronti a puntare il dito verso gli altri. La sorella di Giulia dice “Maschi, fatevi un esame di coscienza”, io dico facciamoci un esame di coscienza, uomini e donne. Iniziamo a condividere, a collaborare, a chiedere aiuto e ad offrire aiuto, iniziamo a rispettarci per quello che siamo mettendoci nei panni dell’altro, conosciamo e accettiamo il diverso. La colpa è di… La colpa non è della Scuola, non è della Famiglia, non è dello Stato. La colpa è della mancanza di comunicazione tra queste Istituzioni. Non c’è un legame, non c’è una rete, non c’è condivisione né collaborazione. Manca un ponte.

Una delle risorse fondamentali per mantenere i legami sociali è l'empatia. L'empatia può essere appresa e maggiormente sviluppata fin dai primi anni di scuola, fornendo la capacità di comunicare e comprendere correttamente chi sta soffrendo e non solo. L'empatia migliora la qualità delle relaziuoni, rendendole più sincere e reali.
Una delle risorse fondamentali per mantenere i legami sociali è l’empatia. L’empatia può essere appresa e maggiormente sviluppata fin dai primi anni di scuola, fornendo la capacità di comunicare e comprendere correttamente chi sta soffrendo e non solo. L’empatia migliora la qualità delle relazioni, rendendole più sincere e reali.

Ripropongo quindi la domanda: qual è la soluzione?

Empatia

L’empatia purtroppo è merce carente. Non è una questione morale, non si tratta del bene e del male, non è una capacità innata, non si nasce empatici o non-empatici. L’empatia è una competenza, più precisamente una competenza relazionale, e come tale va insegnata, sviluppata e nutrita1. La mancanza di empatia è un problema di comunicazione, è assenza di ascolto, di comprensione, è individualismo.
Quali sono i fattori che contribuiscono a una mancanza di empatia?

Velocità della vita moderna – La vita moderna è spesso caratterizzata da un ritmo frenetico, con persone impegnate in molte attività e responsabilità. Questo può ridurre il tempo e lo spazio per la riflessione e l’attenzione alle esigenze degli altri.

Tecnologia e isolamento sociale – Sebbene la tecnologia ci permetta di connetterci in modi nuovi, può anche contribuire a una forma di isolamento sociale. Le interazioni online, spesso distanziate e meno personali, possono influire sulla percezione di empatia nella comunicazione2.

Overload di informazioni – La costante esposizione a notizie negative o traumatiche attraverso i media può causare una sorta di stanchezza emotiva, rendendo le persone sature e meno reattive alle sofferenze degli altri.

Fattori economici – Le sfide economiche e l’insicurezza finanziaria possono portare le persone a concentrarsi maggiormente sulle proprie esigenze e difficoltà, riducendo il tempo e l’energia dedicati agli altri.

Paura e insicurezza – In contesti in cui la paura e l’insicurezza predominano, le persone potrebbero essere più inclini a chiudersi emotivamente per proteggersi.

Educazione e valori familiari – L’educazione e i valori trasmessi in famiglia possono influenzare significativamente la propensione all’empatia. Se la formazione non enfatizza l’importanza di comprendere le esperienze degli altri, potrebbe esserci una carenza di empatia.

L’empatia va quindi coltivata attraverso l’educazione3, l’esperienza, la pratica consapevole, l’esposizione a diverse prospettive, con una comunicazione aperta e feedback costruttivi. Insegnare l’empatia contribuisce a creare individui più comprensivi, collaborativi e capaci di stabilire connessioni significative con gli altri.

L’aiuto della consulenza pedagogica

La consulenza pedagogica è concentrata sulla relazione educativa, non riguarda solo il bambino ma puà riguardare individui di ogni età che svolgono esperienze di apprendimento in ogni ambito, anche se si rivolge principalmente alle relazioni in ambiti educativi quindi ad insegnanti, genitori  (singolarmente o in gruppo) e ovviamente a bambini e ragazzi. DIventa sempre più un tassello importante nella crescita, nella formazione e nell'educazione.
La consulenza pedagogica è concentrata sulla relazione educativa, non riguarda solo il bambino ma puà riguardare individui di ogni età che svolgono esperienze di apprendimento in ogni ambito, anche se si rivolge principalmente alle relazioni in ambiti educativi quindi ad insegnanti, genitori (singolarmente o in gruppo) e ovviamente a bambini e ragazzi. DIventa sempre più un tassello importante nella crescita, nella formazione e nell’educazione.

L’educazione è un catalizzatore potente per il cambiamento sociale. Attraverso le aule, possiamo plasmare le menti delle nuove generazioni, promuovendo valori di inclusione, uguaglianza, rispetto e giustizia.
Questi valori, portati avanti nel tempo, possono trasformarsi in azioni concrete per una società più equa. La Scuola senza la Famiglia però può fare ben poco. La genitorialità è una delle sfide più significative e gratificanti della vita, ma è anche un mondo estremamente complesso e sfidante. Le famiglie si trovano sempre di più ad affrontare una serie di questioni, tra cui l’educazione dei figli, la gestione dei conflitti familiari, la disciplina, l’equilibrio tra lavoro e vita familiare.
No, non è per niente semplice!
Proprio per questo motivo la consulenza pedagogica assume un ruolo cruciale nell’aiutare le famiglie, fornendo un sostegno mirato, basato su principi pedagogici, per affrontare tutte le sfide in modo costruttivo.
I consulenti pedagogici lavorano con i genitori
per comprendere le fasi dello sviluppo infantile e fornire strategie per supportare la crescita e lo sviluppo a 360° dei loro figli.
La consulenza pedagogica aiuta i genitori a sviluppare strategie efficaci, promuove una comunicazione aperta e rispettosa all’interno della famiglia, creando un ambiente in cui tutti possono esprimere i propri pensieri e sentimenti, fornisce strumenti per affrontare lo stress e mantenere l’equilibrio tra la vita familiare e quella lavorativa, offre supporto per migliorare il benessere generale della famiglia, affrontando le sfide quotidiane e coltivando relazioni familiari positive.
In sintesi, la consulenza pedagogica mira a promuovere un ambiente familiare sano.

L’educazione come strumento per il cambiamento sociale

La consulenza pedagogica, quando integrata nel contesto scolastico, si rivela un potentissimo strumento per fornire supporto alle famiglie, è una risorsa preziosa.
Questa collaborazione tra gli esperti e le famiglie stesse crea un ambiente in cui il benessere e lo sviluppo dei bambini sono al centro dell’attenzione. Inoltre, introdurre servizi di consulenza pedagogica nelle scuole, rende questa risorsa facilmente accessibile alle famiglie. I pedagogisti possono così lavorare direttamente con i genitori per affrontare sfide specifiche, fornire risorse educative e aiutare a costruire una solida base per il successo dei loro figli.
Lavorando insieme, insegnanti e consulenti pedagogici possono contribuire a creare un ambiente di apprendimento che si estende ben oltre le mura della classe, promuovendo la crescita e il benessere dei bambini. Questa collaborazione non solo supporta l’apprendimento accademico, ma anche lo sviluppo e la formazione di individui equilibrati, responsabili e socialmente consapevoli.

La consulenza pedagogica diventa così un pilastro fondamentale nella costruzione di comunità educative solide e sostenibili. Una collaborazione efficace tra scuola, famiglia e consulenza pedagogica è di fondamentale importanza. Ecco il ponte che stavamo cercando!

Bibliografia

  1. Ivan Rotella, Freud, Lipps e il problema dell’empatia, Università degli Studi di Napoli “Federico II”;
  2. Monica Milani, Empatia e contagio emozionale su Facebook: il comportamento degli adolescenti tra narcisismo ed empatia virtuale, Università degli Studi di Firenze;
  3. Maria Valentina Zapparrata, Le competenze emotive e relazionali nella professione docente, Università degli Studi di Palermo.

 

 

 

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Autrice
Mateja Nanut nata e cresciuta a Gorizia, città di confine con una forte componente multiculturale e linguistica. La consapevolezza di poter influire in modo positivo sulla vita dei bambini e dei ragazzi, di poter trasmettere loro il piacere e la curiosità nell’imparare cose nuove, l’ha portata ad intraprendere gli studi pedagogici ed educativi. Laureata nel corso di Laurea Magistrale in Scienze della Formazione Primaria nel 2017, ha ampliato ulteriormente la sua formazione con un Master Universitario di primo livello in BES Bisogni Educativi Speciali e un Corso di Perfezionamento nella Metodologia CLIL. Specializzata a pieni voti con lode in Scienze Pedagogiche nel 2020, ha seguito e concluso il corso formativo sulla valutazione della Sindrome di Irlen nel 2022, diventando Irlen Screener certificata. Insegnante di scuola primaria e pedagogista presso lo studio pedagogico Il Ciliegio in cui, oltre alla consulenza familiare, offre percorsi didatticopedagogici personalizzati rivolti a bambini e ragazzi di tutte le età e di qualsiasi ordine e grado scolastico. Istruttrice di sci alpino, amante della montagna e una vera appassionata degli sport outdoor.