Economia e finanza

Inflazione e aumento dei costi, l’evanescenza dei risparmi di una vita

I concetti di economia e finanza, anche quelli più banali, possono essere ritenuti molto difficili da comprendere da una gran parte di persone, tuttavia quando sentiamo parlare di pandemie e conflitti bellici credo sia necessario, per il proprio bene e delle proprie tasche, sapere su cosa legiferano i governi e quali possono essere le conseguenze.
Le politiche scelte dai governanti, non per forza per volontà di chi le attua, ricadono nella stragrande maggioranza dei casi sul cittadino, sia che i risultati siano buoni (e non saranno sicuramente immediati) sia che siano meno buoni.
Parlando della nostra situazione attuale, siamo appena usciti (forse) da una pandemia globale, che ha causato diversi problemi di circolazione delle merci, blocchi, stop alle produzioni e al consumo, quarantene, insomma non di certo situazioni che incrementano la salute dell’economia.
Il COVID-19 oltre a causare una pandemia globale, è stato oltretutto uno stress economico al di fuori dai canoni della regolarità, facendo registrare cadute del Prodotto Interno Lordo oltre il 10% in tutta l’Europa, non c’è quindi da sorprendersi nell’apprendere che questa contrazione sia stata accompagnata da un’eccezionale volatilità dell’inflazione. L’attuale conflitto in Ucraina genererà sicuramente, come ha già dimostrato di fare, altri aumenti di prezzo tra i generi alimentari ed energetici, anche come concausa dei problemi già esistenti.

Cos’è l’inflazione?

L’inflazione è l’aumento prolungato e generalizzato dei prezzi in un determinato periodo che causa, come conseguenza principale, la diminuzione del potere d’acquisto della moneta.
Il primo di marzo di quest’anno, moltissimi giornali titolavano che nel mese di febbraio del 2022,  l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività  ha registrato un aumento dell’inflazione su base annua del 5,7% per l’Italia, e del 7,9% negli Stati Uniti, in soldoni significa che se a gennaio hai in mano una banconota da 100 euro, a febbraio con quella banconota, riuscirai ad acquistare mediamente solo ciò che il mese prima avresti potuto acquistare con 94,30 euro.
Perché succede? Non esiste una narrazione unica che possa univocamente spiegare il perché dell’aumento dei prezzi. Attualmente si ritiene che le cause principali siano 2:

  1. Rapida riapertura delle attività economiche post-lockdown
  2. Aumento dei costi energetici

Molti economisti, sostengono che l’inflazione attuale sia temporanea e che l’aumento dei prezzi sia una sorta di “inflazione da domanda”.
Una crescita spropositata della domanda, proporzionalmente superiore alla crescita dell’offerta, è ritenuto uno dei motivi da manuale dell’aumento dell’inflazione.
Per fare un esempio che sia comprensibile in maniera semplice, immaginiamo che all’improvviso il reddito di una popolazione cresca a dismisura, questa popolazione avendo maggior disponibilità di denaro farà una maggiore richiesta di beni e servizi, questa domanda crescente porterà ad un aumento dei prezzi se l’offerta di beni e servizi non riuscirà ad adattarsi all’entità della domanda. Lo scorso anno si è registrata una ripresa dei consumi a seguito delle riaperture post-lockdown, per questo motivo la domanda di beni e servizi è andata via via crescendo dopo lo stop totale, crescendo proporzionalmente superiore all’offerta.

Dall’inizio di dicembre del 2021 alla fine di febbraio 2022 il prezzo del petrolio ha effettuato un balzo del 100%

Il sostegno finanziario che è stato dato a tutti gli individui e le imprese che, durante il lockdown non hanno potuto lavorare e non potendosi muovere hanno ridotto i consumi, nella gran parte dei casi hanno continuato a ricevere le retribuzioni. La parte di queste retribuzioni che normalmente sarebbero state spese in attività quotidiane che durante il lockdown erano impossibili, sono diventate parte della domanda del periodo successivo alla quarantena, insieme a quella che sarebbe stata la domanda comune di beni e servizi, più velocemente di quanto le attività potessero generare offerta per far fronte a quella domanda.
In poche parole, si ritiene che sia uno shock da ripresa economica improvvisa in cui domanda e offerta si sono disallineate rispetto al periodo precedente alla pandemia.

L’aumento dei costi energetici ha enfatizzato un problema già esistente. Già nel 2021, si era registrato un incremento di più del 10% del costo delle fonti energetiche a causa di una serie di fattori legati alla produzione che, hanno creato scarsità rispetto alle produzioni precedenti, ed ora per via della tensione creata dalla situazione incerta determinata dal conflitto in Ucraina, i prezzi di petrolio, gas ed energia elettrica sono balzati, in alcuni casi, anche dell’80-100%.
I costi energetici a cascata, creano un rincaro su tutto il resto del mercato, la produzione di beni e servizi per i cittadini e le imprese, passa sempre attraverso il consumo di beni energetici, questo determina un caro vita traducibile in inflazione.

Nonostante negli scorsi mesi gran parte degli analisti abbia sostenuto la tesi dell’inflazione temporanea, si parla decisamente poco degli stimoli monetari che, le banche centrali, sono state costrette a iniettare nell’economia a seguito della pandemia.
I motivi sopra elencati non sono di certo gli unici a poter generare inflazione. Laddove un evento imprevisto possa dare alla luce a serie difficoltà economiche, lo stato dovrà intervenire per mettere una pezza e tentare di appianare.
In base alla politica economica del paese, lo stimolo economico può essere ottenuto attraverso fondi già esistenti o con la creazione di altro denaro che genera inflazione. Questa è considerata la teoria “classica” dell’inflazione.
La moneta è controllata dalla Banca Centrale (BCE in Europa, FED negli Stati Uniti, PBOC in Cina, etc…), la quantità di moneta disponibile è detta offerta di moneta. Se la Banca Centrale volesse aumentare l’offerta di moneta, comprerebbe titoli di stato e obbligazioni private e pagherebbe emettendo circolante, aumentando quindi l’offerta di moneta.
Esiste una teoria relativa a questo scenario secondo la quale, la Banca Centrale, controllando l’offerta di moneta, ha il controllo dell’inflazione. Se la Banca Centrale aumenterà rapidamente l’offerta di moneta, il livello dei prezzi aumenterà rapidamente.
Un aumento dell’offerta di moneta provoca inevitabilmente un aumento dei prezzi che fa diminuire il valore delle banconote che ognuno detiene, l’inflazione equivale a una tassa sulla moneta detenuta.


Circolante Dollaro Statunitense. Fonte: tradingeconomics.com

Circolante Euro. Fonte: tradingeconomics.com

Alcuni casi storici

Da quando esiste un qualsivoglia sistema monetario, è sempre esistito il problema dell’iperinflazione. Sorvolando sull’età antica e rimanendo nella storia degli ultimi 100 anni, possiamo citare alcuni casi storici.
Durante la prima guerra mondiale, la Germania, per fronteggiare lo sforzo a cui la stava sottoponendo il conflitto bellico, decise di abolire la convertibilità del marco all’oro. Questa decisione scaturì la corsa al ritiro delle riserve d’oro. Lo Stato decise quindi il finanziamento statale incrementando la stampa di banconote, tanto che la quantità del denaro in circolazione era oltre che quintuplicata, mentre la quota delle monete d’oro detenute dagli istituti di credito era scesa allo 0,5%. In Germania durante gli anni venti, nella fase politica nota come Repubblica di Weimar, si usò il termine Papiermark, ovvero “marco di carta”, per indicare le banconote emesse per pagare i debiti di guerra stampando.  Il 15 novembre 1923, un dollaro americano comprava 4200 miliardi di marchi e per comprare un chilo di pane ci voleva più di un chilo di banconote.
Nel 1946 il Giappone sperimentò un’impennata inflazionistica, dovuto allo sforzo di ricostruzione dopo la guerra. Le istituzioni giapponesi costrinsero la popolazione a versare tutta la liquidità per sostituire le vecchie banconote con una nuova versione della moneta, sostituzione che poteva essere fatta solo con determinate limitazioni che, costrinsero le banche giapponesi a bloccare il ritiro e il versamento per determinati periodi di tempo, al fine di ridurre l’eccessiva liquidità e ridurre rapidamente l’inflazione.

Le materie prime possono rappresentare un ottimo bene rifugio o addirittura con valore in salita data la domanda proporzionalmente superiore all’offerta

Più recentemente il Venezuela, con un’economia quasi totalmente legata alle esportazioni di petrolio, ha vissuto il collasso della propria valuta a causa della discesa a picco del prezzo del petrolio che, ha causato un grave ammanco di ingresso di valute estere nelle casse statali.
Verso la fine del 2019 l’inflazione, ha raggiunto una percentuale del 1.000.000%. La popolazione ha iniziato a scambiare i beni di prima necessità con dollari statunitensi o attraverso il baratto.
Il Libano, negli anni ’70 considerata la Svizzera del Medioriente, oggi è un paese al collasso, sprofondato nella povertà a causa del continuo record negativo della lira libanese, la quale ha reso difficoltoso persino vendere i medicinali al dettaglio nelle farmacie del paese. La fluttuazione quotidiana causa un paradosso dei costi, nel momento di fluttuazione negativa risulta sconveniente vendere i prodotti, i negozianti si vedono quindi costretti a chiudere le attività anche di prima necessità nei momento di alta inflazione.

 

Si può prevedere e/o proteggersi?

L‘aumento dei prezzi e la minaccia del possibile aumento dei tassi, ha generato un po’ di timori sul mercato, di conseguenza le borse sono in discesa. Investire in un asset sicuro, un’azienda solida con il potere di determinare i prezzi e con bilanci solidi, è più facile a dirsi che a farsi. Bisogna saperlo fare e bisogna saper scegliere e non è poi così scontato.
Investire nelle materie prime, potrebbe essere una parte della strategia di protezione del proprio capitale, la scarsità della loro offerta a fronte di una domanda sempre crescente, ha generato negli ultimissimi tempi delle salite di prezzo non indifferenti con il gas naturale e il petrolio sulla cresta dell’onda, ma non da meno altre commodities come mais, grano e soia.
I beni rifugio sono un’altra valida alternativa, in qualsiasi periodo storico o qualsiasi nazione si sia verificata un’iperinflazione, i metalli preziosi come oro, argento e platino fungono da protezione del valore.
In un’ottica molto larga, potremmo anche considerare beni di collezione e opere d’arte di valore come beni rifugio.

Negli ultimi tempi, si parla spesso di Bitcoin come riserva di valore. La questione è ancora molto controversa in quanto, la capitalizzazione di Bitcoin è ancora troppo bassa rispetto a quella di beni rifugio considerati solidi e sicuri come l’oro, questo si traduce in troppa volatilità per poter essere considerato al pari dell’oro, ragion per cui è da ritenersi una “riserva di valore in corso d’opera” più che una riserva di valore vera e propria. Una situazione di iperinflazione potrebbe renderlo in futuro una riserva di valore degna di questo nome, per cui potrebbe rappresentare il vero investimento in un periodo di incertezza, ma come tutti sappiamo, il futuro è imprevedibile e non si può stabilire con certezza se possa essere o no un buon investimento o una buona riserva di valore.

Attualmente esistono una serie di indizi che portano a pensare che ci sia un serio pericolo di inflazione duratura, tuttavia molte altre analisi suggeriscono, al contrario, che sia solo una situazione temporanea, l’assoluta certezza ce la potrà dare solo il tempo. Sarà però possibile e consigliabile difendersi, cercando di non prendere decisioni avventate e documentandosi, senza farsi prendere dal panico.

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Daniele Contino è un sistemista reti e servizi informatici con esperienza ventennale nell'assistenza tecnica informatica. Ha lavorato sia in ambiti corporate multinazionali che come imprenditore, ricoprendo ruoli che spaziano dall'informatica, all'amministrazione, alla vendita e al commerciale. È autore, webmaster e fondatore di Superchio.it nato dalla passione per la lettura, soprattutto di saggi, e la scrittura, ma anche per la condivisione delle proprie passioni con gli altri. Missione principale del magazine è infatti quella di condividere le proprie conoscenze e tentare di divulgare le proprie competenze.