Come ogni anno il mese di settembre si apre con gite fuori porta all’insegna della cultura fotografica, perciò anche quest’anno nel suo ultimo weekend, non poteva mancare la nostra visita alla XXXII edizione del Sifest.
Edizione del festival con il titolo “Testimone oculare”, che indaga tra la vita dentro e fuori oltrepassando i muri del carcere, nonché luoghi ai margini del mondo contemporaneo, in cui esclusione e isolamento sociale annebbiano il desiderio di vita.
Come lo scorso anno, filo conduttore del festival è stato quello di estendere l’educazione all’immagine fotografica sia alle nuove generazioni, attraverso gli allestimenti nelle scuole della città di Savignano sul Rubicone, sia a chi si trova in carcere e rischia di restare al margine dell’ambiente socio-culturale.
Per questo la casa circondariale di Forlì, ha partecipato al progetto rendendo possibile la collaborazione tra detenuti e fotografi professionisti quali Arianna Arcara, Cristina De Middel, Lorenzo Vitturi e Marco Zanella, che hanno documentato il desiderio di ciò che ognuno di loro voleva vedere o rivedere del mondo esterno.
La fotografia e tutte le arti in generale devono interessarsi della società. Le fotografie non possono solo essere reliquie e intrattenimento nei musei o nei festival, devono partecipare alla aletheia della nostra collettività.
Alex Majoli, fotoreporter e direttore artistico
Gli spazi e le mostre del SiFest 2023
Accanto ai sei reportage allestiti al Consorzio di Bonifica a cura del direttore artistico Alex Majoli e la curatela di Jana Liskova, il percorso si è intensificato negli ambienti scolastici di Savignano con l’intento di avvicinare sempre più le future generazioni alla cultura fotografica. Come lo scorso anno, i progetti fotografici sono stati distinti per materie scolastiche diverse, così da spingere l’osservatore a pensare e leggere le immagini attraverso uno schema mentale studentesco.
Nella scuola primaria troviamo una ricerca fotografica del mondo distopica e talvolta immaginaria, perfettamente in armonia con gli spazi scolastici che nascondono la chiave di lettura dei progetti esposti. L’istituto comprensivo Giulio Cesare, presenta invece una densa ricerca documentaria sociale ma anche individuale e psicologica.
Nella primaria troviamo un futuro immaginario distopico romanzato di Jacky Connolly “Descent Into Hell”; le gigantografie travolgenti sul mondo animale di Jim Naughten, ispirato alle teorie sociobiologiche del biologo Edward Osborne Wilson (Eremozoic) che ricolloca l’animale nel suo ambiente naturale con un gioco di luci e sovrapposizioni di immagini; Karolina Wojtas e Angelo Vignali, in armonia con l’ambientazione dell’esposizione, mostrano una parodia sul rigido sistema scolastico polacco, sistema che ha segnato la vita dell’artista stessa.
Nella scuola secondaria invece, troviamo reportage che aprono lo sguardo su ambienti culturali al margine della società, visibili nel progetto “Sleeping by the Mississippi“, per la sezione geografia di Alec Sotho e nel progetto di Myriam Boulos “What’s Ours”, nell’area religione, in cui racconta la vita dei giovani in Libano tra conflitti e crisi di identità.
Tra queste ricerche, progetto che ho trovato estremamente interessante grazie anche ad alcune informazioni inedite forniteci dalla curatrice Jana Liskova, è stato quello del fotografo olandese Marvel Harris “Inner Journey”. Progetto denso e di forte impatto emotivo per la sezione letteratura. Un diario personale in cui l’artista racconta le sue altalenanti emozioni, l’autismo e la sua transizione di genere attraverso scatti in bianco e nero, in cui mostra le sue fragilità ma anche l’accettazione e la trasformazione di un corpo che cambia.
Altro reportage documentaristico piuttosto immersivo per la location scelta, è stato quello allestito nella palestra della scuola media del fotografo bresciano Marco Preti. Il suo lavoro esplora luoghi lontani del mondo tra cui la Mongolia documentando il festival Naadam, un’antica festa popolare che mette insieme tre competizioni sportive: corsa a cavallo, lotta e tiro con l’arco. Le stampe raffiguranti le tre competizioni, disposte come manifesti lungo il perimetro della palestra, rendono il visitatore spettatore delle competizioni, grazie sia alla luce naturale presente nell’ambiente che agli spazi ampi che rendono vivi i personaggi ritratti negli scatti.
La nostra visita si è conclusa con i progetti vincitori dei concorsi legati al SiFest, in particolare l’esposizione presso la Vecchia Pescheria con la mostra del duo fotografico Renata Busettini e Max Ferrero “Vietato Morire. Storie di ordinaria resistenza” (vincitore del concorso Portfolio Italia – Gran Premio Fujifilm 2022). Lavoro che, riflettendo sugli avvenimenti odierni di una società ferita dalla violenza di genere, raccoglie le testimonianze di dieci donne coraggiose che, a un passo dalla morte, per motivi differenti, lottano per la loro libertà costruendo una memoria delle loro vite, nate nel dolore fisico e mentale e trasformato in riscatto sociale. Scatti che impressionano e coinvolgono emotivamente lo spettatore non solo per gli sguardi spenti delle figure, ma soprattutto per le ferite che le donne portano come testimoni del loro terribile passato.
Abbiamo visto la morte passare davanti ai nostri occhi, l’abbiamo osservata, a volte cercata. Non ci ha volute e da quel giorno per noi tutto e cambiato.
Qualcosa di vecchio e qualcosa di nuovo
Edizione del SiFest del tutto particolare.
Se gli scorsi anni (“Visita al SiFest 2022, Savignano sul Rubicone“) gli spazi presentavano più progetti, quest’anno si è puntato al cosiddetto “poco ma buono”, più alla qualità dei contenuti che alla quantità. Decisione in parte giusta per dare spazio ad un’attenta osservazione da parte del pubblico ai contenuti dei progetti in mostra,
dall’altra scelta che ho trovato poco funzionale in quanto alcune aule soprattutto del Comprensorio, ci sono parse subito spoglie in quanto non davano modo di sostare
con tempi più lungi per osservare un lavoro, ma al contrario davano proprio l’idea di elementi mancanti, necessari per portare a termine il racconto di alcuni progetti come quello del Mississippi tra i più belli e coinvolgenti della scuola.
Sempre apprezzata la scelta degli spazi scolastici per il coinvolgimento dei piccoli e così anche della disposizione dei lavori ad altezza bambino, ma credo che andrebbe migliorato il lato della comunicazione su diversi fronti. In primis quello delle descrizioni generali come introduzione ai temi e ai progetti in mostra e per secondo i mezzi di divulgazione dell’evento, a partire dalla mappa esplicativa poco curata e visivamente poco gradevole. Nel complesso evento che abbiamo visto più spoglio e poco partecipato rispetto agli anni precedenti , causa anche il fatto che a mio avviso alcuni spazi facevano fatica a mettere in risalto gli sguardi dei fotografi o se fatto con poco artificio.
Nonostante ci siano stati significativi miglioramenti rispetto alle precedenti edizioni, dal punto di vista della fruibilità credo si possa migliorare l’accessibilità alle strutture. Ad eccezione di alcuni edifici dotati di montacarichi e ascensori, gli altri restano ancora poco accessibili per tutte quelle persone che hanno delle difficoltà motorie e che quindi per motivi logistici sono costretti a saltare qualche tappa del festival. Cosa che lascia sempre l’amaro in bocca perché si è costretti a fare i conti con una cittadina ancora non totalmente pronta ad accogliere le esigenze dettate dalle difficoltà e dalla diversità in tutte le sue sfaccettature.