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Relazioni virtuali, l’amore dietro uno schermo

Le relazioni virtuali sono davvero così diverse da quelle in carne e ossa? Vivere un’emozione dietro ad uno schermo può forse renderla meno intensa e meno reale? La digitalizzazione dei nostri pensieri, sentimenti e desideri li inaridisce o piuttosto li alimenta? La virtualizzazione dell’Eros rappresenta un limite o una possibilità di espansione per la nostra dimensione emotiva, affettiva ed erotica? Lo schermo può davvero proteggerci dai coinvolgimenti affettivi o diventa una cassa di risonanza che ne aumenta la potenza?
Per tentare di rispondere a quesiti così complessi, si può solo provare ad addentrarsi nella poliedrica esperienza dei rapporti intessuti attraverso il filtro/collante delle reti.

Prima parte: gli “ibridi”

Tra le centinaia di migliaia di “relazioni” che scattano con un click, da un tasto, un’immagine, una parola (che poi diventano catene interminabili di tasti, immagini e parole) si stagliano gli ibridi, ovvero quelle relazioni continuamente miscelate alla cosiddetta “realtà”, dalla quale, peraltro, derivano.
Ci sono dunque persone che si conoscono in “carne e ossa”, si frequentano per i più disparati motivi, ma che solo nello spazio limbico della chat trovano un fertile terreno d’incontro per approfondire la reciproca conoscenza e per stabilire un contatto più “intimo”.
Le parole, a cui spesso vanno in soccorso le emoticons (quasi a sopperire l’assenza del linguaggio non verbale), diventano sempre più dense di significati, poiché si fanno portatrici – oltre che sostitute – di movimenti, sensazioni ed espressioni corporee che prendono vita sui tasti, fino ad “incarnarsi”.

La scrittura è intesa come forma della normale comunicazione orale che normalmente è accompagnata da gestualità e mimica facciale, l’utilizzo delle emoticons permette di conferire espressività ai testi scritti trasmettendo emozioni e può cambiare la percezione che l’intelocutore ha di noi influendo in modo massiccio sulle nostre relazioni sociali.

Ed è proprio per il loro sovraccarico di senso e corporeità, per la loro pregnanza sensoriale, per il loro essere veicoli di pensieri, esperienze, sentimenti ed emozioni, che le parole scritte in chat possono penetrare nella mente anche più a fondo di una voce, di un gesto o di un corpo.
Se questo vale per le relazioni intessute a distanza, tra due persone che non si sono mai incontrate, è tanto più valido per quanto riguarda i rapporti ibridi, nei quali le “parti in gioco” possono continuamente trarre dai vissuti “reali”, nuova linfa per gli “scambi virtuali.”
“Sguardi” che si incrociano carichi di desideri, sprigionati poi sugli schermi e altrimenti inconfessabili. Fantasie condivise, assemblando scenari di film proiettati in simultanea dalle reciproche immaginazioni, di volta in volta arricchiti di nuovi eccitanti particolari, richiamati poi alla mente ad ogni incontro successivo. In mezzo alla gente, del tutto ignara di quel gioco di immagini scambiate con occhi che si cercano, si incontrano e al contempo tentano di evitarsi, per nascondere lo stato di ebbra euforia di cui entrambi i corpi sono pervasi.
Corpi che pur restando distanti arrivano quasi a compenetrarsi, nell’eco della passione virtualmente consumata. Corpi svelati in fotografia e toccati, così a lungo e a fondo con la fantasia, da evocarne il “possesso” ed offrirsi allo sguardo dell’altro in trasparenza, al di là dei vestiti.
Ogni interazione che avviene “di persona”, dunque, stimola nuove creazioni di sconfinati scenari di erotismo, disegnati dalle parole, ma solo dalle parole “giuste”, quelle capaci di far vibrare le corde dell’immaginazione, ancor prima di quelle della “carne”.
La virtualizzazione dell’Eros può quindi estenderne i confini in una dimensione complementare a quella della fisicità, della quale può rappresentare il preludio e l’anticipazione, generando l’attesa di un piacere, già fruibile nell’attesa stessa.

La dipendenza dalle relazioni virtuali è caratterizzata dallo sviluppo di un coinvolgimento eccessivo in questo genere di relazioni affettive e/o amorose, nate ovviamente sui social, sulle chat o su qualsiasi piattaforma online. La dipendenza da “cyber-relazioni” consiste nella compulsione ad instaurarle esclusivamente (o quasi) attraverso internet. Le persone affette da questa dipendenza, trascorrono la maggior parte del proprio tempo connesse.

Tuttavia, si corre il rischio di innescare aspettative di vissuti che mai si concretizzeranno, poiché, lontani dal “rifugio” degli smartphone, eppure memori dei copioni in essi descritti, ci si può ritrovare smarriti, adombrati dalla magia di parole con cui si teme di non poter reggere il confronto. Di qui il continuo procrastinare dei tanto agognati, disegnati e idealizzati momenti di “autentica” passione.
Il complesso intreccio di reale e virtuale, inizialmente tanto eccitante, può così finire col diventare una trappola destabilizzante, nella quale si ha la sensazione di trovarsi imprigionati in un circolo vizioso che sempre scorre e mai si evolve.
Ci si trova impantanati in situazioni sospese a mezz’aria tra una contraddittoria realtà, mutilata dal “non ancora realizzato” eppure gravida di “ciò che potrebbe essere”, (in virtù di ciò che virtualmente “è stato”) e un illusionistico regno digitale, in cui ogni cosa sembra giungere al proprio compimento.
Il non luogo della chat diventa pertanto la dimensione preferenziale, la sola in grado di offrire alle relazioni ibride un “vero” appagamento, sottratto alla realtà, in una generazione incessante di ambiguità, a sua volta catalizzatrice di profonda sofferenza. Infatti, il coinvolgimento emotivo inizialmente esperito da entrambi i soggetti in gioco, può di volta in volta variare, in un continuo crescendo e diminuendo tra le parti, senza che ciascuna di esse possa averne una reale percezione. Poiché, all’erotismo virtuale è negata l’immediatezza dei feedback del corpo, che soli possono darci piena consapevolezza dell’autentico grado di partecipazione dell’altro.
Gli ibridi si delineano pertanto come relazioni disfunzionali, principalmente in virtù della loro snervante ambivalenza. E in quanto tali sono caratterizzate da un alto grado di “tossicità”, poiché gli individui coinvolti in questo cortocircuito, generatore di squilibri, tendono a diventarne dipendenti, sperimentando una forte sensazione di impossibilità di uscirne.
E dal momento in cui una delle due parti in causa spezza il cerchio di questa relazione ambigua aprendosi a nuovi orizzonti di realtà, le conseguenze per l’altra persona in gioco possono essere ancor più devastanti di quelle derivanti dalla fine di un rapporto vissuto pienamente, concretamente, in carne e ossa. Il coinvolgimento emotivo sviluppatosi in seno ad una relazione tossica si connota più spesso come una vera e propria dipendenza affettiva, difficile da superare.
Inoltre è estremamente arduo il processo di elaborazione di un lutto per la morte di ciò che realmente non è mai venuto alla luce, ha vissuto perennemente nell’ombra ed è come se non fosse mai esistito. Non esiste nemmeno una tomba su cui piangere e di reale resta soltanto il dolore.

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Autrice
Sonia Veggiotti è una Mental Coach, autrice e docente di psicologia.Laureata in Filosofia, specializzata in Scienze Umane e Sociali, Coach certificata ICF, lavora come docente per il Miur a Milano ed esercita anche tramite sessioni di coaching online. Collabora come redattrice e ghostwriter con alcuni magazine, siti web e pagine social. È autrice e curatrice di nuovi progetti letterari e di sensibilizzazione in ambito LGBT e in tema carcerario. Una delle sue missioni è promuovere la figura del coach carcerario. Crede che la felicità sia nella sfida all'impossibile!