Quando siamo in una relazione tossica, siamo gli ultimi a pensare o ad accorgerci che la nostra possa essere proprio una di queste.
È tutt’altro che facile riconoscere questo genere di relazioni quando la percezione emotiva è alterata, come quando si è coinvolti. È molto più semplice invece riconoscere quelle degli altri.
Ma perché è così difficile riconoscerle? Intraprendere una relazione tossica, è spesso un modo per appianare le nostre difficoltà. Mettersi in modo naturale in una situazione di comfort che ci permette di non confrontarci con un mondo che sarebbe diverso da quello che abbiamo idealizzato.
Se da un lato è giusto non vivere sempre le difficoltà di una condizione non congeniale alla nostra persona, dall’altra, essere inclini a non mutare mai la situazione e non affrontare mai qualcosa di diverso, ci impedisce di crescere.
Un particolare perversamente positivo
Quando siamo tristi e non siamo contenti della nostra vita, può capitare di pensare o dire che qualcosa di superiore sia contro di noi. Ti dici che le cose non vanno bene perché “sei sfortunato“, perché “capitano sempre tutte a te“. Nonostante tu creda di essere una persona che cerca di fare le cose per il verso giusto, ti imbatti in un disegno di eventi sfavorevoli, che a volte si ripete inesorabilmente.
Può sembrare banale quello che sto per dirti, ma nella maggior parte dei casi, quello che ci succede è ciò che attiriamo con il nostro comportamento e con la nostra predisposizione mentale.
Non si tratta di dare la colpa a qualcuno, ma di un dato di fatto.
Ti sei mai chiesto qual è quel particolare PERVERSAMENTE positivo quando scegli il tuo partner o le persone a cui permetti di entrare più in profondità nella tua vita? Ci innamoriamo di chi ci fa sentire a nostro agio e rende meno evidenti quelli che sono i nostri punti deboli, dandoci la sensazione di completarci. Un partner irresponsabile ed egoista ma autodistruttivo potrebbe metterci estremamente a nostro agio, seppur infelici, qualora soffrissimo della sindrome della crocerossina. Vogliamo accudire qualcuno e guidarlo, non essere guidati.
Se non sei cosciente di essere vittima della sindrome della crocerossina, o anche ne fossi cosciente, dovresti avere una grande forza di volontà ed uno spiccato spirito autocritico per non scegliere un partner complementare a questa tua caratteristica.
Questo era solo un esempio per rendere chiaro come avviene l’errore, e l’eventuale reiterazione.
Per avere ciò che non hai mai avuto, dovresti fare o pensare in un modo che non hai mai adottato.
Caratteristiche e segnali
Le relazioni tossiche possono essere tali anche in amicizia, a livello professionale, o come di quelle di cui stavamo parlando, amorose. Si tratta di situazioni subdole perché all’apparenza può essere tutto liscio, non è necessario che ci siano profondi disaccordi, litigi e scontri, sono più degli stati mentali e relazionali, che avvelenano lentamente ma in modo inesorabile.
L’inizio della relazione non è caratterizzato da particolari estremamente negativi, ma generalmente è accompagnato da un grande entusiasmo. Tuttavia ad un certo punto le cose iniziano a precipitare, quando una delle parti inizia a creare disagio nella controparte più stabile e remissiva. Un amico potrebbe diventare da piacevole e comprensivo a invadente e soffocante, o un partner da geloso e affettuoso a freddo e distaccato.
È qui che iniziano le sabbie mobili di una relazione tossica, entra in gioco uno degli errori cognitivi più comuni e conosciuti, l’avversione alla perdita. Con avversione alla perdita, si intende la normale propensione di moltissimi individui ad avvertire molto più forte la perdita rispetto al guadagno. Questo ti spinge a restare nella tua comfort zone e a mantenere lo stato attuale, sotto la falsa illusione che senza l’altra persona la tua vita non abbia più alcun senso.
L’individuo al centro della nostra attenzione, diventa l’investimento principale di tutte le nostre risorse mentali. Rimuginare continuamente sulle sue possibili reazioni diventa l’impiego centrale della giornata, ci si sente sempre tesi e stanchi, nella costante preoccupazione di dover fare di più per migliorare la condizione dell’altro. Si perdono totalmente di vista le proprie esigenze.
È troppo difficile accettare che il tempo e gli sforzi condotti che hanno portato te e il tuo partner nelle condizioni attuali, siano stati tutto tempo sprecato. Questo mette in moto la cosiddetta fallacia dei costi sommersi, ovvero l’accettare condizioni che normalmente non si sarebbero mai accettate, per rimanere e tentare di recuperare una situazione che nella maggior parte delle situazioni non restituisce alcun risultato.
Questo ha a che fare con l’effetto dotazione. Vi è mai capitato di spolverare tra vecchi oggetti inutili che non utilizzate più? In realtà non valgono molto per voi, sono vecchi, rovinati e spesso inutili, ma facciamo fatica a liberarcene perché sono di nostra proprietà e dovremmo separarcene, seppur che non utilizzandoli ne siamo già separati, ma idealmente è molto più difficile.
Non sto paragonando una persona ad un oggetto impolverato in qualche cassetto di qualche cantina umida e dimenticata da dio, è solo un esempio pratico di come funziona la nostra mente. Purtroppo alcune volte dovremmo prendere le distanze dalle persone che ci fanno soffrire perché, laddove non ci sia empatia, c’è solo egoismo distruttivo e l’unico modo per sopravvivere è pretendere il proprio spazio.
Come reagire?
Ciò che è necessario comprendere se ci si trova in quanto descritto, è che è evidente che le nostre necessità ci portano a creare tutto questo.
Averlo capito non è una soluzione, perché le nostre scelte derivano da una mancata consapevolezza e da una non accettazione di quella che è la realtà oggettiva rispetto a quella idealizzata. Riuscire quindi a rifiutare ciò che non è un bene per noi, rinunciando ad una convinzione o ad un preconcetto, è qualcosa che va affrontato in un percorso con un professionista, sempre che non si disponga di grande lucidità e di una enorme forza di volontà.
È necessario ridare importanza a tutte quelle attività a cui si ha rinunciato per andare incontro alle necessità di qualcun altro. Dare il giusto valore alla relazione e capire che non è necessario immolarsi sull’altare del sacrificio continuo per mantenere un rapporto intatto.
I rapporti possono funzionare senza la necessità del continuo tentativo di incontrare i bisogni altrui. Questo non significa fare ostracismo, ma che ci si possa sentire da entrambe le parti soddisfatti e sereni semplicemente tendendo la mano verso l’altro, nei limiti del rispetto delle esigenze della propria persona e della propria emotività.
Una relazione tossica può diventare sana, soltanto se entrambe le parti hanno la capacità e la forza di cambiare le proprie abitudini e il loro modo di vivere la quotidianità, diversamente la situazione può solo peggiorare.
A volte l’unica via sensata, laddove non ci sia riflessione, pazienza e collaborazione, è quella di prendere le dovute distanze dalle persone che creano un rapporto di subordinazione a discapito del nostro benessere.