Le relazioni di tipo ibrido (“Relazioni virtuali, l’amore dietro a uno schermo“) sono l’habitat ideale dei soggetti affetti da disturbo della personalità di tipo narcisistico. E sono la trappola perfetta per chi soffre di dipendenza affettiva (“Dipendenza affettiva e paura dell’abbandono“).
Gli ibridi fungono da crocevia di innesco di meccanismi di fuga/avvicinamento che determinano le dinamiche tipicamente intercorrenti tra personalità dipendenti ed evitanti.

Ma chi sono i dipendenti? Spesso si tratta di individui empatici, dotati di particolare sensibilità, inclini agli sbalzi emotivi e a prendersi cura dell’altro, ma al contempo bisognosi di sentirsi protetti, accuditi e continuamente rassicurati. Il dipendente, nel suo essere perennemente in cerca di conferme da parte della persone con le quali stabilisce un legame significativo, sperimenta uno stato di forte ansietà, dettato dal timore dell’abbandono e dal – vano – tentativo di sfuggire a questa sua ancestrale paura.
Infatti è come se egli si portasse dietro un vuoto incolmabile, reiteratamente proiettato in ogni relazione affettiva, imputabile a ferite mai sanate, a vissuti emotivi ambivalenti o dolorosi esperiti durante l’infanzia, in relazione alle proprie figure genitoriali e in particolare alla sua prima figura di riferimento.
La sua spinta a “dare” e a compiere onerosi investimenti emotivi è direttamente proporzionale al suo insaziabile bisogno di uno sguardo di ritorno, che tuttavia per lui non sarà mai sufficientemente rassicurante.
Inoltre, il dipendente tenderà all’idealizzazione del partner e alla creazione di aspettative irrealistiche nei suoi confronti e verso la relazione stessa, a discapito della propria capacità di mettersi realmente in gioco, malgrado (anzi, forse proprio per) l’ossessivo desiderio di riuscirci.
E il narcisista patologico? È un soggetto incapace di provare empatia, trasporto emotivo, sentimenti e di entrare in sintonia, quindi, in profonda relazione con l’altro, da sé.

Il narcisista, che spesso si trasforma in un autentico carnefice, specialmente quando il suo disturbo di personalità assume tratti manipolatori, è al contempo vittima di una grave condizione di castrazione emotiva, generante un’impotenza affettivo-relazionale.
Egli non è in grado di effettuare un’autentica messa in gioco di sé con l’altro e, pertanto, di instaurare relazioni significative. Le altre persone, per il narcisista sono “statue di sale” che considera come momentanei prolungamenti di sé stesso, pronti per trasformarsi in blocchi di pietra da rimuovere, come ostacoli.
Infatti, il narcisista, il quale mantiene sempre un margine più o meno ampio di distacco con gli altri individui, pur non apparendo mai isolato – anzi, egli tende a mettersi ben in vista – è generalmente dotato di abilità seduttive, che utilizza per ottenere gratificazioni e riconoscimenti sociali o personali, intesi come possibilità di approvazione, espansione e compiacimento di sé. Dunque, egli è in grado di manifestare il proprio interesse verso coloro che, a seconda delle circostanze, meglio si prestano a fungere per lui da cassa di risonanza del proprio Ego. Ed è persino capace di sfoggiare competenze emotive che, in realtà, non possiede affatto.
Mosso dal proprio bisogno di auto affermazione, il narcisista – la cui infanzia è stata contrassegnata dalla deprivazione affettiva — può arrivare a mostrare affezioni, anche di una certa intensità, che tuttavia non riesce davvero a “patire”, ma piuttosto a simulare, abituatosi fin da piccolo a rinvenirne l’esistenza negli altri e a studiarle. Orienta questi effimeri vissuti emotivi, mai destinati a consolidarsi in sentimenti, verso le persone di volta in volta più adatte ad appagare il suo desiderio di auto gratificazione.

Da abile illusionista affettivo, il soggetto con disturbo di personalità narcisistico sa essere un potente seduttore, incantando le proprie vittime con messe in scena di sé di così alto livello, da provocare una loro inevitabile messa in gioco.
Un gioco perverso e pericoloso, perché di colpo uno dei due partecipanti (il narcisista) sovverte le regole, usa dei trucchi, si smaterializza per poi riapparire con le sembianze di un nuovo personaggio, che quando vuole diventa invisibile. E questo accade quando il narcisista, dopo aver fatto incetta di autostima, per la propria riuscita nel processo/progetto di “incantamento” dell’altro, avverte di essersi spinto troppo vicino a quel confine di massima sicurezza, oltre al quale la sua disabilità emotiva non gli consente di andare.
Per lui, gli altri sono solo degli specchi che gli consentono di ammirare la sua stessa immagine, utili fin tanto che possono fungere da riflesso di sé e accrescere la sua autostima. Ma si tratta di un rispecchiamento fasullo, in cui non avviene alcun processo di individuazione, poiché manca il riconoscimento di sé attraverso lo sguardo dell’altro, dato che nel punto di vista dell’altro non si riesce a collocare.
Una volta conquistata la propria preda, mostrandosi inizialmente irresistibilmente amorevole, sfoderando un corteggiamento di tipo esemplare, innescando le più potenti strategie seduttive, il narcisista perde in poco tempo interesse nei suoi confronti, sentendosi irrefrenabilmente spinto ad affrontare una nuova sfida, con una nuova vittima, riattivando le stesse dinamiche manipolatorie. E questo può accadere ancor prima di aver realmente concretizzato la sessualità evocata nel rapporto, specialmente in presenza di due diverse tipologie di vittima: la più pericolosa e la più innocua.

La prima – quella che più intriga il narcisista – è una persona complessa, empatica, imprevedibile, capace di sorprenderlo, attivando a sua volta strategie manipolatorie a scopo difensivo e mostrandosi abile a destreggiarsi nel gioco illusionistico in cui si trova coinvolta. Spesso si tratta di persone affette da dipendenza affettiva che hanno sviluppato meccanismi difensivi di tipo evitante i quali, tuttavia, anziché mitigare tale patologia, la rafforzano, poiché si rivelano come trucchi atti a proteggerli – sebbene invano – dal vissuto dell’abbandono.
Questo tipo di dipendente, in genere il più difficile e interessante da conquistare per il narcisista, è al contempo quello che più lo spaventa e del quale tenderà, a volte, a disfarsi prima di averci instaurato una vera e propria relazione amorosa. Infatti, un individuo simile è quello che richiede un maggiore dispendio energetico e un crescente avvicinamento, che rischiano di spingere l’illusionista troppo out of comfort zone, gettando uno squarcio di luce su quel buco nero che egli si porta dentro senza averne la minima consapevolezza.
Nel vuoto emozionale del narcisista, in fondo, si annida una vera e propria voragine affettiva che supera di gran lunga quella del soggetto affetto da dipendenza. In altri termini, nel narcisista si nascondono, in potenza, gli stessi semi che danno origine alla dipendenza, sebbene in lui essi non trovino terreno fertile per potersi sviluppare, trattandosi di un suolo troppo inaridito, con l’aggravante della totale inconsapevolezza della propria sterilità.
La seconda tipologia di vittima, con la quale difficilmente il narcisista darà corpo ad una vera relazione, è quella che, al contrario, egli bypassa più rapidamente, poiché si rivela troppo facile da conquistare, rendendo così superfluo l’utilizzo dei suoi più raffinati giochi di prestigio, che tanto lo inebriano.

La dimensione virtuale è un palcoscenico che facilita la messa in scena delle rappresentazioni narcisistiche, dal momento in cui nella rete è più semplice riuscire ad intrappolare gli altri, anche senza restarne a propria volta agganciati. Usa abilmente lo schermo come scudo protettivo e nello stesso tempo come un’arma letale per sferrare i propri attacchi in sordina, raggiungendo magari il massimo dei risultati con il minimo della fatica.
Eppure quelle nate in rete non sono le relazioni più tossiche e destabilizzanti, dal momento in cui anche per la vittima, da qui, è più facile mettersi in fuga: disconnettendosi, spegnendo lo smartphone o il pc. Certo si tratta di un’impresa tutt’altro che facile e che anzi, a volte può apparire come impossibile, specialmente quando i soggetti coinvolti soffrono di dipendenza affettiva, che li espone maggiormente al rischio di sviluppo di dipendenza da chat e da sesso virtuale.
La situazione più letale per chi è vittima di un narcisista, ove quest’ultimo può esprimere appieno le proprie doti illusionistiche e manipolatorie, è quella degli ibridi (“Relazioni virtuali, l’amore dietro a uno schermo“), ovvero – come si è detto in precedenza – quelle relazioni sospese tra reale e virtuale, quelle che con maggiore probabilità si innescano tra narcisisti e dipendenti.
A volte egli assumerà atteggiamenti particolarmente ammalianti, per alimentare l’attaccamento del dipendente, il quale inevitabilmente svilupperà delle aspettative nei confronti dell’altro e di una possibile evoluzione della relazione. Altre volte invece il narcisista si mostrerà intangibile, impenetrabile, di una freddezza disarmante e profondamente destabilizzante per il dipendente, che si arrovellerà per trovare una possibile spiegazione a tale camaleontismo comportamentale.
Tuttavia il narcisista tende a far “cuocere a fuoco lento” le proprie vittime, tenendole con il fiato sospeso, o per dissetare la propria brama di potere, dimostrando a sé stesso di poter disporre degli altri a proprio piacimento, – e questo è vero soprattutto per i casi più gravi di disturbo della personalità con spiccati tratti manipolatori – o in altri casi semplicemente perché non se ne cura e non si pone il problema della contraddittorietà del proprio comportamento, della quale spesso non è nemmeno consapevole.
Infatti, la sua disabilità emotiva non gli permette di trasformare in sentimenti le emozioni che, seppur fugacemente, a volte esperisce. Il più delle volte si tratta di emozioni simulate, ecco perché l’habitat ideale in cui avvicinarsi all’altro è proprio lo spazio virtuale, dove la castrazione emotiva del narcisista viene facilmente dissimulata dall’illusorietà multi-prospettica che caratterizza questa dimensione.
Non è raro infatti che le persone travolte da questo tipo di rapporto ne vengano intossicate a tal punto da sviluppare sintomi nevrotici come attacchi di panico, ansia, insonnia, disturbi alimentari e ossessivo compulsivi.
Il dipendente, disperatamente alla ricerca di manifestazioni affettive con le quali poter appagare il proprio bisogno di presa in considerazione e d’amore, sarà sempre pronto ad accogliere ogni minimo segnale rivelatore di una qualche dimostrazione affettiva. Ma allo stesso modo sarà sempre all’erta e pronto a cogliere ogni minima dissonanza comportamentale che, peraltro, nella relazione con il narcisista è all’ordine del giorno.

La virtualizzazione dell’Eros può rappresentare un’opportunità di estensione dei confini della propria affettività, una fonte di nutrimento alternativa per i propri vissuti emozionali, per rilanciarli verso nuovi orizzonti esperienziali, purché siano dotati di senso. Nello spazio della virtualità è infatti possibile sperimentare emozioni forti, nuove, intrise di particolare unicità.
Se per il narcisista, il continuo intervallarsi di incontri virtuali altamente passionali con scambi amicali superficiali nella vita vera rappresenta un modus operandi per lui del tutto normale e funzionale all’accrescimento delle proprie mire espansionistiche e alla conservazione del proprio distacco, al contrario, per le altre persone, specialmente per i dipendenti affettivi, queste dinamiche sono qualcosa di altamente logorante, esasperante e, alla lunga, devastante.
Liberarsi da una relazione tossica di questa portata è un’impresa difficile ma non impossibile, specialmente se ci si avvale del sostegno di uno psicoterapeuta. Il dipendente, contrariamente al narcisista, è consapevole delle proprie problematiche e può essere più facilmente guidato in un percorso terapeutico volto al rafforzamento della propria autostima e allo sviluppo di nuove strategie comportamentali e relazionali, che passano proprio attraverso la presa di coscienza delle proprie disfunzionalità.
Ad ostacolare il percorso di disintossicazione del dipendente dalla relazione con il narcisista è il fatto che, in caso di rapporti ibridi, non è sempre possibile tagliare i ponti con il proprio carnefice, poiché si tratta appunto di una persona che appartiene alla propria quotidianità.
Perciò non basta interrompere gli scambi virtuali per staccare davvero la spina e dire: basta!
Una cosa già estremamente ardua da compiere per un dipendente, il quale, per quanto possa aver ormai raggiunto la consapevolezza di non potersi/doversi aspettare più niente dal narcisista, se non ulteriori frustrazioni, delusioni e sofferenze, difficilmente resiste alla tentazione di rispondere ai suoi sirenici richiami, quando costui decide di ricontattarlo, magari dopo un lungo periodo di silenzio, come se niente fosse.
Il fatto di avere costantemente sotto gli occhi il proprio “aguzzino”, trasforma il processo di liberazione dalla propria dipendenza in una sorta di lotta per la sopravvivenza.
E il dipendente, in questo percorso di astinenza dal narcisista, sperimenta a quello che si prova quando ci si disintossica dalle droghe più pesanti.