Quando facciamo delle valutazioni nella nostra vita quotidiana, stiamo davvero scegliendo di nostra volontà? Potrebbe non essere così, anche se siamo fermamente convinti del contrario e magari, non siamo nemmeno disposti a credere che non abbiamo deciso con i nostri metri di giudizio.
Ma partiamo dall’inizio, cos’è il priming? Si tratta della nostra reazione inconscia ad uno stimolo, un innesco esterno a cui si viene esposti una prima volta che, influenzerà implicitamente le nostre decisioni e azioni successive all’esposizione, senza esserne consapevoli.
Come funziona il priming?
Lo stimolo di cui stiamo parlando non ha una natura precisa, può essere di qualsiasi tipo, sensoriale (uditivo, visivo, etc..), concettuale o di altri tipi. L’innesco può avvenire in modo percettivo e può assumere molte forme, il priming non è limitato alle parole o ai concetti.
Al fine di rendere chiaro cosa può essere il priming nella vita quotidiana, prendiamo in esempio un esperimento effettuato negli anni ’80 dallo psicologo John Bargh.
Bargh prese come soggetti da testare alcuni studenti dell’Università di New York, ragazzi con un’età compresa tra i 18 e i 22 anni, a cui chiese di mettere insieme frasi di massimo 4 parole, partendo da una serie di 5 parole non connesse tra loro.
I gruppi erano divisi e le parole del test di solo alcuni di questi richiamavano spesso il concetto di anzianità, parole come ad esempio “grigio”, “ruga” o “Florida” (Negli Stati Uniti, molti pensionati del nord si trasferiscono in Florida, è risaputo).
Finita la prova, i ragazzi vennero mandati in una stanza in fondo ad un corridoio dell’edificio per sottoporsi ad un altro esperimento, nel frattempo i ricercatori, monitorarono all’oscuro dei ragazzi, quanto tempo ci impiegassero a percorrere il corridoio i vari gruppi che finivano il questionario. I ricercatori si aspettavano proprio quanto riscontrarono dai dati, i gruppi che composero frasi con parole “da vecchi”, percorsero il corridoio molto più lentamente degli altri.
Questo è conosciuto tra i ricercatori come “effetto Florida“, il priming in questo caso è avvenuto in due stadi, dapprima le parole scelte da Bargh innescarono pensieri legati all’anzianità seppur che la parola “vecchio” non sia mai stata utilizzata per l’esperimento, successivamente quei pensieri a loro volta, innescarono il comportamento di camminare lentamente che è associato all’età avanzata.
Il priming può essere testato quotidianamente su chiunque, anche da voi stessi, con un pretesto potreste somministrare parole come “sinistra” o “destra” a chi avete di fronte con un concetto decontestualizzato e, successivamente richiedere un’azione, mascherata da cortesia, che normalmente verrebbe svolta con l’arto opposto a quello che avete somministrato voi con il priming. Il risultato potrebbe stupirvi.
Questi riportati precedentemente, sono esempi semplici per rendere l’idea di cosa sia e di come funzioni, ma le sue potenzialità sono molto più estese, per questo motivo se ne fa largo uso nel marketing.
Tipologie di priming
É possibile classificare il priming in alcune macrotipologie, è una classificazione piuttosto indicativa dato che, non avendo una forma definita queste categorie potrebbero suddividersi in altrettante sottocategorie.
Vi sarà sicuramente capitato di avere un pensiero cosciente come reazione indotta da uno stimolo esterno, questo è il priming associativo che può anche essere definito come priming di contesto. Se incontrassimo i termini “rosso” o “cane” sarebbe plausibile arrivare con un innesco automatico a parole come “pomodoro” o “gatto”. Questo genere di innesco viene utilizzato per rendere un testo scritto leggibile in maniera più semplice ed automatica. Dato che accresce la fluidità cognitiva, ovvero la tendenza umana a preferire concetti familiari e di facile comprensione, appartiene anche alla categoria dei priming positivi.
Così come esistono quelli positivi, esistono anche i priming negativi. I termini positivo e negativo, danno vita ad una ulteriore classificazione che, si riferisce semplicemente alla loro capacità di facilitare un’elaborazione e renderla veloce ed efficace, piuttosto che renderla difficile e ridurre la fluidità cognitiva.
Il priming positivo avviene con la semplice percezione dello stimolo e anche quando questa percezione non si riscontra in maniera cosciente, si tratta dell’attivazione di determinate rappresentazioni, euristiche o stereotipi nella memoria che, mettono successivamente in atto un determinato comportamento durante un’attività o un’azione. Per questo motivo si ritiene che l’attivazione sia dovuta alla diffusione di una determinata rappresentazione nella memoria.
Per quanto riguarda il priming negativo invece, trattandosi di uno stimolo che rende difficoltosa la fluidità cognitiva, il cervello tende ad ignorare lo stimolo. É un meccanismo difficile da identificare ed attualmente esistono due correnti di pensiero, quella di inibizione del distrattore e quella del recupero episodico. Nel primo caso si ritiene che il cervello inibisca l’attivazione degli stimoli che sono stati ignorati¹, mentre nel secondo caso si ritiene che il cervello contrassegni queste informazioni come non corrispondenti e quando si attiva per ricercarne il legame, si genera un conflitto causato dalla difficoltà di reperibilità dell’informazione nella memoria.
Quando invece non esiste un pensiero o una reazione a uno stimolo, in quanto questa azione di recupero dell’informazione è troppo complessa per la nostra mente, esiste il priming di ripetizione che crea questo legame dove non c’è, questo è prerogativa del marketing.
Se un determinato stimolo e la sua risposta ci vengono somministrate più volte, l’azione di reazione allo stimolo successivamente all’esposizione ripetuta diventerà automatica. Questo tipo di priming ricade nella categoria dei positivi, il nuovo innesco e la sua reazione che si sono instillate nella nostra memoria, genereranno fluidità cognitiva perché ci appariranno familiari².
Effetto ancoraggio
Il bias di ancoraggio è uno degli effetti più rilevanti del priming. É un errore cognitivo, il giudizio sulle decisioni viene inconsciamente influenzato da fattori esterni che rendono familiare una determinata condizione, anche se la decisione o la valutazione non è di reale pertinenza con l’argomento che dovremmo affrontare.
Il fenomeno è noto come “effetto ancoraggio“, si verifica quando dovendo assegnare un valore ad una quantità non definita, viene fatto partendo da uno precedentemente disponibile, o sulla base delle prime informazioni trovate, questa è l’ancora. Chi subisce questo effetto, partendo da un punto somministrato, effettua degli aggiustamenti per definire la propria valutazione.
Si tratta di uno dei fenomeni maggiormente riconosciuti e studiati dalla psicologia sperimentale³.
L’ancoraggio può avvenire in due modi, in modo intenzionale e conscio in un’ottica di aggiustamento, oppure attraverso un effetto priming attraverso la percezione.
Partendo da un esempio banale che possiamo trovare nel libro “Pensieri lenti e veloci” di Daniel Kahneman, potresti prendere un foglio di carta e senza righello, disegnare un segmento che parta dal limite inferiore del foglio per circa sei centimetri verso l’alto, successivamente prendere un altro foglio e disegnare lo stesso segmento che però parta dal limite superiore per sei centimetri verso il basso. Confrontando i due segmenti, ci sarebbero buone possibilità (non è assolutamente previsto che sia così per forza) che la prima stima dei sei centimetri sia inferiore alla seconda, il motivo sarebbe la scala di incertezze relativo al fatto che non hai idea di quanto possa essere lungo quel segmento, ti fermi quindi all’inizio di quella porzione di foglio che ritieni possa essere quella corretta. Questo è detto aggiustamento insufficiente.
Se qualcuno ci chiedesse se Robin Williams avesse più di 78 anni quando morì, sicuramente faremmo una valutazione molto più alta della reale età al momento della sua morte piuttosto che se ci chiedessero se ne aveva 48.
Proprio per questi errori cognitivi così evidenti, l’aggiustamento insufficiente prende il nome dal fatto che la cifra decisa sarà spostata in modo non sufficiente dalla cifra utilizzata come ancora, è un problema molto grosso per chi opera nei mercati finanziari dove gli operatori spesso si ancorano agli andamenti precedenti.
Prendiamo come esempio il prezzo delle trattative di un immobile, dove è il venditore a stabilire il prezzo di partenza ed a poter fare la prima mossa e, nella negoziazione che riguarda un unico oggetto l’ancora ha un effetto potente. Proporre un’offerta esageratamente bassa, rispetto a quello che valutiamo una richiesta esageratamente alta, aumenterebbe solo quel divario impossibile da rivedere nelle successive trattative, sarebbe più utile e vantaggioso esporre il proprio dissenso per tale cifra e rifiutarsi di trattare con quel valore iniziale, di modo da poter modificare l’ancora. Opporsi all’ancora significa cercare nella propria mente argomenti da utilizzare per confutare la correttezza della cifra di partenza. Pensare argomenti diversi o opposti, preverrebbe la formazione spontanea di altri pensieri prodotti dall’effetto ancoraggio.
Le ancore e il priming sono argomenti analoghi ed eccessivamente estesi, così estesi da non poterli affrontare in maniera totale e completa in un solo post, tuttavia questi sono semplici accenni, conoscere un argomento ci permette di approfondirlo da diverse fonti.
I risultati del priming sono decisamente eccezionali, l’esperienza del soggetto non corrisponderebbe quindi a quelli che sarebbero gli effetti del condizionamento a causa della nostra permeabilità agli stimoli esterni.
Continueremmo sicuramente a non essere coscienti del fatto che siamo stati influenzati da qualcosa, o anche se ce ne rendessimo conto non sapremmo da cosa, tutto questo serve solo a ricordarci che quando la situazione richiede la nostra attenzione, per i nostri interessi personali, potremmo già essere sotto effetto ancoraggio e dobbiamo sollecitare tutte le forze mentali che abbiamo a disposizione per contrastarne l’effetto.
- Susanne Mayr e Axel Buchner, Negative Priming as a Memory Phenomenon: A Review of 20 Years of Negative Priming Research, in Journal of Psychology, vol. 215, n. 1, 2007, pp. 35-51, DOI:10.1027/0044-3409.215.1.35
- Kenneth I. Forster e Chris Davis, Repetition Priming and Frequency Attenuation, in Journal of Experimental Psychology: Learning, Memory, and Cognition, vol. 10, n. 4, 1984.
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Judgment under Uncertainty: Heuristics and Biases, PMID: 17835457, DOI: 10.1126/science.185.4157.1124