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Esperienza e benessere generale della vita

Nell’ottobre di quest’anno compirò 37 anni. Insieme ai miei 37 anni sarà anche il sedicesimo anniversario da quando, dopo una serie di timidi tentativi di studio e lavoro, trovai il mio primo impiego come sistemista. I primi anni della mia carriera lavorativa erano caratterizzati da un’incredibile voglia di fare nuove esperienze, scoprire nuovi ambienti, conoscere nuove persone e imparare nuove cose, indiscriminatamente.

Il fine, se decontestualizzato, è sicuramente tra i più giusti e nobili. La nostra vita dovrebbe essere sempre costellata di curiosità di ogni tipo, dal punto di vista sociale, dal punto di vista pratico e cinestesico e da quello cerebrale.
Tutto questo parte e si sviluppa con le migliori intenzioni e con grande entusiasmo.
É necessario però spendere la propria curiosità e la propria energia con parsimonia, perché il mondo lavorativo non è pronto a

I preconcetti possono essere delle vere e proprie prigioni. L’idealizzazione di come dovrebbe essere la propria vita, può portare molto lontani dalla realtà.

gratificarci, ogni sforzo è un prezzo da pagare da quel capitale umano che ci portiamo dietro e di cui abbiamo bisogno per crescere.

Archetipi ingombranti

Qualche volta, alzandomi dal letto la mattina per andare in ufficio, mi sono chiesto per quale motivo dovrei andare dove sto andando. Quando iniziano queste sensazioni senti un peso, un po’ ti vergogni e ti giudichi lagnoso e ingrato verso la vita, ti stai lamentando, quando sai bene che qualcun altro farebbe di tutto per avere un posto come il tuo, ma questo è benaltrismo. Se tu non fossi dove sei ci sarebbe qualcun altro, non stai togliendo niente a nessuno.
Non bisogna mettersi in competizione con altre persone che, hanno fatto un percorso diverso dal nostro, magari partite anche da un punto diverso. Chiedersi il perché di quello che facciamo ogni giorno è sacrosanto, il nostro dovere non è quello di raggiungere la posizione di qualcun altro, ma migliorare la nostra. Una gara con noi stessi.

Come siamo arrivati a questo? Siamo partiti dal parlare di entusiasmo, voglia di imparare e fare carriera per finire a questo. Colpa degli archetipi, dei preconcetti.

Inizialmente pensavo di essere un caso isolato, poi ho iniziato a sentirmi parte di una categoria di fannulloni, demotivati e mediocri che non sono all’altezza della situazione e pretendono di essere pagati per fare presenza. Guardandomi intorno ho appreso che il morbo è diffuso, ma ha diverse varianti (chiamiamole così per rimanere attuali).
Le varianti sono dettate principalmente dall’idealizzazione della vetta. Molti di noi, parlo dei nati dalla fine degli anni settanta all’inizio del novanta, hanno studiato o lavorato con la convinzione che il tempo e l’impegno avrebbero restituito risultati certi, come per i nostri genitori. Quasi fosse una cosa dovuta.

La sindrome dell’impostore, viene descritta per la prima volta nel 1970 come un’esperienza personale interna del non essere meritevole del successo personale

Scoprire che non è per forza così, è piuttosto disagiante e doloroso, ma più di tutto difficile da accettare. Spesso non ci si rende conto che ci si sta torturando per questo motivo e si continua incessantemente in una sindrome dell’impostore subdola e perseverante, cadendo in auto-trappole mentali personali che non si è nemmeno disposti ad ammettere perché, quando qualcuno apre il vaso di pandora, è come una coltellata nello stomaco.

Diamo molta più importanza al giudizio della soddisfazione generale della vita, piuttosto che al piacere dell’esperienza personale viva. Non è sicuramente la scelta migliore strutturare le proprie esperienze sull’idea di sentirci soddisfatti della nostra vita, se qualcuno ce lo dovesse chiedere.
Sarebbe molto più equilibrato stabilire un compromesso e lavorare sulla soddisfazione generale della propria vita, beneficiando anche dell’esperienza a momenti alterni.

Le varianti

Ovviamente quando lo chiamo morbo, si scherza. Se ti piace ascoltare le persone, capire meglio come gli altri vivano i tuoi stessi problemi, questo può offrirti un’interpretazione diversa della realtà. Non perché si debba adottare il punto di vista di qualcun altro, ma ci si sente comunque diversi quando si capisce che non si è difettosi, o che magari lo si è più del dovuto. Questo influenza le nostre emozioni, che ci offrono la possibilità di valutare diversamente una determinata situazione.

La frustrazione e la noia sono brutte bestie, le reazioni, consce o inconsce che siano sono le più disparate. Uno degli errori più comuni è identificare la propria realizzazione personale con la realizzazione professionale. Avete mai provato a chiedervi “chi sono io?“, potrebbe venire naturale rispondere un fotografo, un avvocato, un dottore, un artista, insomma, identificarvi con la vostra figura professionale. Vi svelo un segreto, non siete il vostro lavoro e potete comunque farlo bene e con passione anche senza per forza identificarvici.
Passione alta, esperienza a livelli massimi, ma tanta frustrazione che rende la valutazione della qualità della vita in generale meno alta.

Ad altri non importa niente del ruolo svolto, l’importante è portare a casa la “pagnotta”. Per questi il benessere esperito è molto basso, ma la qualità della vita percepita può essere nella media. L’annullamento dell’esperienza è però un motivo di grande frustrazione.
Facciamo un esempio pratico. Ti stai per sposare e sei molto felice, la tua attenzione si focalizza su questo grande cambiamento, l’esperienza ti rende felice.
Ad un certo punto quando l’esperienza diventa routine, entra a far parte della qualità generale della vita, annullandosi totalmente. Subentrano la frustrazione e la noia, si potrebbero commettere errori facendo delle scelte per ricercare l’esperienza perduta e rovinare il benessere generale della vita. Non si tratta di qualcosa di inevitabile, sono scelte sia consce che inconsce, occorre riflettere impegnandosi a cogliere maggiori sfaccettature.

Per non farsi troppo del male, altri soggetti assumono un atteggiamento apatico, sono distaccati ed eseguono il lavoro per pura inerzia.

Una vita che non preveda una considerazione dell’esperienza o del benessere generale della vita, ha conseguenze sulle nostre emozioni.

Un comportamento automatico per livellare esperienza e qualità della vita, a livelli medio-bassi chiaramente.

Le casistiche sono illimitate, magari diverse nei dettagli ma uguali nel disegno. C’è chi si ammala di ansia, depressione, diventa vittima di se stesso in balia di vizi e dipendenze. Dobbiamo difendere il nostro benessere, seppure che tante volte è necessario scendere a compromessi difficili da accettare, magari per il vile denaro che ci permette di avere un’indipendenza economica. Bisognerebbe dunque cercare di assumere una visione esterna e reinventarsi per migliorare il proprio status.

Il vaso di Pandora e l’allineamento

Una cecità temporanea potrebbe guarire a fronte dell’apertura del vaso. Pandora deteneva tutti i mali del mondo compressi nel vaso, come le aveva affidato Zeus, ed in fondo c’era la speranza.
La speranza di poter cambiare qualcosa può derivare proprio dal raschiare un po’ il fondo.
Questo non deve spaventarci, deve spronarci ad approfondire quei lati della nostra persona che non conosciamo bene e che abbiamo sempre trascurato.

La vita è fatta di fasi, di periodi. Nonostante ci abbiano insegnato qualcosa di diverso, bisogna sempre comprendere che le condizioni possono cambiare, sia per nostra volontà che contro la nostra volontà.
Cerchiamo di imbrigliare il nostro futuro con grosse catene decisionali, ma il caso è molto più importante di quanto non crediamo di esserlo noi stessi.
Se non siamo accompagnati dalla fortuna, tutto il nostro impegno può essere vanificato.

Questo tentativo di pilotare il nostro futuro viene da un mancato allineamento con la realtà della nostra idea di futuro.
Se siamo a conoscenza che il lavoro, la relazione o il modo di vivere che desideriamo sia qualcosa che non può essere realizzato nella realtà, o che solo pochi soggetti riescono a raggiungere, dovremmo esaminare meglio la questione e accettarla.
Accettare
la propria condizione, ovvero la possibilità che potremmo non raggiungere mai la situazione che consideriamo ideale, genera sicuramente meno conflitto interiore e frustrazione.
Se volessi diventare cancelliere tedesco senza avere la cittadinanza tedesca e senza vivere in Germania, questa situazione ti metterà davanti alla condizione di capire che ci vorrà molto tempo e molto impegno per raggiungere il tuo obiettivo.
Ma che c’è anche un’alta probabilità di non riuscirci mai.

Godere del viaggio (in senso reale e metaforico), apprezzare l’esperienza significa alimentare il benessere esperito. Questa entrerà a far parte della soddisfazione generale della vita.

Questo è un esempio estremo, per rendere evidente il problema, ma è quello che succede spesso oggi a tanti individui che aspirano ad attività poco richieste dal mercato, poco retribuite o magari in zone lontane dal mercato florido.
Da questo esempio non sono escluse le relazioni, o le condizioni fisiche.
Accettare la propria condizione significa non idealizzare il proprio obiettivo.
Allinearsi alla realtà e non soffrire per un obiettivo che idealizzato sembra raggiungibile, ma che nella realtà dei fatti è statisticamente poco probabile.

Questo non è un invito ad arrendersi, sia chiaro, ma ad essere coscienti che un obiettivo può anche non essere raggiunto e che magari, potremmo fare altro in altre direzioni che possono renderci ugualmente, o perché no, più soddisfatti.

L’equilibrio tra il momento e il costruire è tutto.
Cambiare punto di vista e, come accennato in precedenza, godersi l’esperienza di ciò che facciamo per raggiungere il nostro obiettivo e
non cercare solo a tutti i costi di arrivare alla fine del percorso per migliorare la nostra soddisfazione generale della vita.
Godete del viaggio e non dell’attesa dell’arrivo.

 

 

 

 

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Daniele Contino è un sistemista reti e servizi informatici con esperienza ventennale nell'assistenza tecnica informatica. Ha lavorato sia in ambiti corporate multinazionali che come imprenditore, ricoprendo ruoli che spaziano dall'informatica, all'amministrazione, alla vendita e al commerciale. È autore, webmaster e fondatore di Superchio.it nato dalla passione per la lettura, soprattutto di saggi, e la scrittura, ma anche per la condivisione delle proprie passioni con gli altri. Missione principale del magazine è infatti quella di condividere le proprie conoscenze e tentare di divulgare le proprie competenze.