Parlare di educazione è sempre molto difficile, soprattutto in un periodo come questo dove tutti dicono la propria su tutto e, ovviamente l’educazione è uno di quegli argomenti dove tutti siamo in grado di spendere due parole. Nonni, zii, vicini di casa, sorelle, cugini, tutti sanno ciò che va fatto o meno con un bambino per non viziarlo e renderlo meno capriccioso. Diventare genitore è una sfida non da poco e nello stesso momento esserlo non significa possedere i segreti della crescenza.
La domanda che spesso mi sento rivolgere è: come si fa a crescere i nostri bambini educati e rispettosi? O tanto meglio, lei cosa farebbe con i nostri bambini?
Io non farei un bel niente! Forse il segreto per crescere bambini educati, rispettosi e sereni è proprio questo. Non c’è bisogno di stimolare, intrattenere, impegnare i bambini come se fossero degli spettatori al circo. Non sono clienti da soddisfare o rimborsare nel caso il prodotto che i loro genitori hanno acquistato non vada bene. Sono delle persone alla stessa stregua di tutti noi “adulti”, anzi migliori!
Perché bruciare le tappe o impegnarlo con diverse attività? Forse si crede che dando diversi input da seguire possa essere in futuro un valido aiuto per lo sviluppo della personalità del nostro bambino o che facendo diverse cose contemporaneamente aumenta la sua capacità adattiva e quindi il multitasking che si richiede oggi nella nostra società. Ma, ahimè, non è cosi e questo è dimostrato anche dalle più recenti ricerche neuroscientifiche. Infatti, i biologi affermano che ogni essere umano nasce prematuro e che a differenza degli altri mammiferi non è in grado di sopravvivere senza essere accudito. Questo perché il nostro cervello a differenza di quello animale è un cervello sociale e per sopravvivere ha bisogno di relazioni. Le relazioni sono la base del nostro sviluppo ma spesso, si presta troppa poca attenzione al cervello perché concentrati a modellare/correggere i comportamenti dei bambini e, invece, è proprio la capacità di stare con gli altri, di relazionarsi agli altri che forma il nostro cervello.
Il cervello si adatta alle varie circostanze, si modifica sull’ambiente e continua il suo sviluppo così come ha fatto durante il periodo embrionale. Lo sviluppo non può essere insegnato. Nessuno può crescere per lui, bisogna liberarsi da questa supremazia adulta che cerca da una parte di iperstimolare per accelerare la crescita e dall’altra, invece, di sottomettere il bambino e di sostituirsi a lui nelle azioni quotidiane che cerca di compiere. Il bambino non ha bisogno di stimoli ma di risposte da parte dell’ambiente, risposte che bisogna trovare negli ambienti quotidiani, negli adulti di riferimento, nei suoi educatori. Essendo il nostro cervello un operatore non solo cognitivo ma anche emotivo il legame di attaccamento svolge un ruolo essenziale.
Ad oggi non sempre si capisce il valore dei primi rapporti madre-figlio sebbene si riconosca l’importanza dell’attaccamento, della nutrizione non solo fisica ma anche psicologica che questa vicinanza porta con sè. Questo perché si pensa che prendere in braccio un neonato è sinonimo di vizio o di cattiva abitudine che si può trasmettere al bambino ma, il bonding, che dall’inglese bond che significa legare, tenere insieme, è vitale perché rappresenta quella tenerezza tra la madre e il figlio neonato. Il bonding è paragonabile ad un cordone ombelicale psichico che nutre il rapporto della diade e promuove il sano sviluppo e la personalità del bambino. Il bambino si nutre di latte e di amore.
Il cervello del bambino, come afferma Piero Angela, è come una scacchiera in cui all’inizio della partita tutto è possibile, ogni mossa è a disposizione ma, appena si cominciano a muovere i pezzi le mosse diminuiscono, diventano sempre meno e sempre più difficili e, se non si è abili giocatori la partita verrà compromessa senza riuscita finale. “Alla nascita, afferma Angela ogni bambino è un “miliardario” della mente e davanti a lui si apre una gamma pressoché infinita di opportunità”. Ma, aggiungo, in mancanza di stimoli adeguati il cervello può perdere le sue grandi potenzialità. Le competenze genitoriali richieste ruotano intorno all’empatia, alla maturità emotiva e da come loro stessi, da bambini, sono stati trattati dai loro genitori. Dal momento che questi tratti sono impressi nella memoria sociale implicita e trasferiti negli stessi sistemi dei figli, si può affermare che le cure genitoriali vengono trasmesse ai figli in maniera automatica e, se le prime esperienze dei genitori sono state negative, richiamano ciò che Selma Freinberg definisce, “i fantasmi della nursery”.
Questi schemi modellano le reti nervose esperienza-dipendenti mettendo in collegamento la corteccia orbito frontale, l’amigdala e le infinite connessioni che regolano l’eccitazione, l’affetto e l’emozione. È all’interno di queste reti neuronali che le interazioni con i caregiver vengono associate a sensazioni di sicurezza e di calore, paura o ansia. A tal proposito le neuroscienze ci dicono di come gli schemi di attaccamenti positivi incentivano all’interno del cervello un ambiente biochimico favorevole alla crescita e alla funzione immunitaria ottimale, viceversa, gli schemi di adattamento negativi portano con sé un basso livello di funzionamento immunitario con conseguenti malattie fisiche ed emozionali. Quindi qual è la ricetta per crescere bambini educati e rispettosi se non quella di rimandare loro questa stessa immagine?
Bibliografia
- P. Angela, (1973), Da zero a tre anni, Garzanti Editore S.p.a., Milano.
- L.Cozolino (2006), The neuroscience of Human Relationships: Attachment and the Developing Social Brain (trad. it. Il cervello sociale, Francesca Ortu, Raffaello Cortina Editore, Milano 2008).
- M. Montessori (2018), La mente del bambino, RCS MediaGroup S.p.a., Milano.