Negli ultimi tempi si sente spesso parlare di blockchain.
L’informazione di massa associa spesso la parola blockchain alla più famosa e quotata delle criptovalute, ovvero Bitcoin. Tuttavia quest’ultima è solo una delle tante valute virtuali associata ad uno dei tanti ecosistemi blockchain.
Ma esattamente di cosa stiamo parlando? Tralasciando il concetto di criptovaluta, la blockchain è un registro distribuito, come il libro mastro che si usava un tempo, tiene nota delle transazioni che avvengono tra portafogli privati e senza un intermediario.
Esattamente! La caratteristica principale di questo sistema è proprio il fatto che non esiste un ente centrale, ed ogni portafoglio (l’equivalente del conto per le banche) è in totale gestione del suo proprietario.
Ciò che è contenuto all’interno del portafoglio è l’equivalente di quanto riportato sul libro mastro.
L’altra caratteristica che dona a questa tecnologia il titolo di “tecnologia dirompente” è la decentralizzazione. Il libro mastro viene distribuito alle decine di migliaia di nodi, i cosiddetti miners (al momento della scrittura 11.588), che validano le transazioni tra gli utenti che possiedono un portafoglio.
L’invenzione della blockchain dà ancora più potere alle persone e sfida l’insidiosa cultura della proprietà e del controllo. La tecnologia alla base del bitcoin spezza la ’massima’ di Orwell.
Julian Assange, fondatore di WikiLeaks
Si parla ancora di una tecnologia in fase di sviluppo. Nonostante il potenziale sia molto alto, come è stato per la nascita e la divulgazione dell’uso di internet e tutte le tecnologie collegate ad esso, ci saranno una serie di requisiti che devono essere testati e superati, sia a livello legislativo che a livello tecnico.
In primis la scalabilità, ovvero la capacità di servire un bacino d’utenza sempre maggiore, fino a permettere il suo utilizzo a chiunque lo richieda, evitando congestioni della rete.
La sicurezza, la certezza che le possibilità di modificare il registro distribuito o ottenere l’accesso a fondi privati sia molto bassa o quasi nulla.
In fine una sufficiente decentralizzazione (Figura 1), che proporzionalmente apporta spesso una maggiore sicurezza ma una minore scalabilità.
Queste tre problematiche vengono spesso definite “trilemma“.
Perché è ritenuta una tecnologia dirompente?
Con l’avvento dell’era della digitalizzazione ci è stata data la possibilità di creare dei contenuti di qualsiasi tipo (libri, musica, film, etc…), di riprodurli ed inviarli attraverso la rete internet, in modo relativamente molto più semplice che in passato.
Questa possibilità che la tecnologia ci ha offerto ha creato un nuovo problema, quello dell’unicità, in quanto è possibile creare infinite copie e distribuirle a nostro piacere.
La blockchain è un mezzo per risolvere questo problema e dare autenticità al valore scambiato o ai contenuti, senza la necessità di un ente centrale.
Per fare un esempio pratico, possiamo immaginare che Mario invii due monete ad Anna tramite un sistema blockchain, i nodi validatori scriveranno all’interno di un blocco questa transazione, due monete dal portafoglio di Mario verso quello di Anna, così come un ente di un servizio centralizzato (Figura 2) registrerebbe la transazione su un libro mastro.
La sostanziale differenza sta nel fatto che per invalidare questa transazione, nel primo caso sarebbe sufficiente modificare il libro mastro; nel secondo il registro distribuito sarebbe presente su una quantità non definita di nodi, per manomettere quindi l’informazione relativa a quella transazione tra Mario e Anna sarebbe necessario modificarne la registrazione su un numero imprecisato di nodi che detengono il registro.
Anche se un nodo cambiasse l’informazione e sostenesse che Mario non ha mai inviato 2 monete ad Anna, tutti gli altri nodi avrebbero la vera copia del libro mastro distribuito e saprebbero com’è andata realmente la transazione.
Questo renderebbe la registrazione del trasferimento di quel valore più trasparente e immutabile oltre che consultabile da chiunque, questa sua caratteristica, conferisce a questo sistema la possibilità di combattere più efficacemente traffici illegali ed evasione, al contrario di quanto divulgato molto spesso dai media tradizionali.
Pur trattandosi di un registro trasparente, la privacy viene comunque tutelata in quanto le informazioni relative ai soggetti che hanno effettuato i trasferimenti di valore, sarebbero sotto forma di pseudonimi o di indirizzi di portafoglio (Wallet), non si potrebbe mai collegare un portafoglio all’identità di una persona fisica con la semplice consultazione del registro.
Chi sono i miners?
Nonostante sentire la parola “minatori” ce li abbia fatti immaginare all’interno di una cava, a parlare col canarino nella gabbietta, sporchi di terra e col piccone in spalla, nella realtà di questo caso i miners, o minatori che dir si voglia, sono dei veri e propri contabili.
Mettendo a disposizione la loro potenza computazionale tramite schede munite di processore in grado di risolvere un algoritmo, scrivono all’interno del libro mastro da distribuire a tutti i nodi, le transazioni che avvengono nell’ecosistema blockchain su cui lavorano.
Vengono quindi definiti miners, a causa del fatto che per registrare la transazione generano un blocco (la parola blockchain sta appunto per catena di blocchi), su cui registrano le informazioni e una volta completato, verrà aggiunto alla catena dei precedenti blocchi già registrati.
Questi blocchi hanno una capacità definita, per cui ogni volta che un blocco sarà pieno di informazioni verrà inserito all’interno di una catena di blocchi dall’ordine immutabile, in quanto ognuno di questi ha il suo indirizzo logistico all’interno della catena che viene successivamente distribuita a tutti i nodi della rete.
L’operazione dell’estrazione del blocco su cui scrivere le informazioni richiama idealmente il minatore che estrae un blocco di materia prima da una cava, da qui il suo nome.
Applicazioni decentralizzate, diritto d’autore
La potenza di questa tecnologia, non si ferma al semplice scambio di valore e alla sua registrazione senza intermediari.
Alcuni tra gli ecosistemi blockchain esistenti, sono in grado di eseguire delle applicazioni decentralizzate dette DApps e come detto in precedenza, certificare l’unicità di un oggetto multimediale.
Le applicazioni decentralizzate sono molto simili alle applicazioni che usiamo e che scarichiamo dai marketplace attualmente sui nostri smartphone .
Queste sono ancora di natura centralizzata, l’utente inserisce i suoi dati che vengono collezionati in un database gestito dallo sviluppatore dell’applicazione stessa, mentre nelle applicazioni decentralizzate, la distribuzione è indipendente e l’autenticazione avviene tramite le proprie chiavi di portafoglio.
Questo permette agli utenti di non esplicitare i propri dati sensibili.
Con ogni probabilità saranno le applicazioni che useremo un giorno sui nostri supporti, magari senza accorgerci nemmeno della differenza.
Le DApps hanno quindi dei vantaggi indiscutibili, il funzionamento su un network distribuito le rende meno soggette a malfunzionamenti strutturali, il sistema di pagamento è integrato nel loro ecosistema, per cui funzionano indipendentemente dagli store centralizzati, favoriscono una maggiore privacy e una minore esigenza di spazio nei supporti locali.
Parlando invece del diritto d’autore, la blockchain ci permette di creare dei veri e propri certificati digitali al fine di dare unicità ad un oggetto digitale, i token non fungibili (NFT).
Mentre lo scambio di valore è qualcosa di “fungibile”, ovvero un valore può essere rappresentato o riprodotto in più modi (10 monete sono riproducibili in 2 da 5), i token non fungibili sono unici.
Un portafoglio digitale viene identificato all’interno della blockchain come creatore di un determinato oggetto (musica, foto, ebook, etc), la creazione di questo oggetto, viene registrata in un blocco che viene inserito nella catena. Così come spiegata la registrazione del passaggio di valore, anche la proprietà della creazione di quell’oggetto è immutabile.
L’oggetto può anche essere inviato o venduto, tuttavia il nuovo possessore dell’oggetto non sarà mai il suo creatore.
Il creatore di quel contenuto rimarrà associato a quell’oggetto multimediale e qualora si trattasse di un’opera, la blockchain rispetterebbe in modo automatico le eventuali royalties stabilite dal creatore sulle rivendite di quell’opera.
Conclusioni
Siamo davanti ad una nuova tecnologia dirompente che nei prossimi anni avrà quasi certamente modo di entrare a far parte della nostra quotidianità, così come è già successo con altre tecnologie come Internet o gli smartphones. Sicuramente al momento si tratta di qualcosa che ha tanta strada da fare, le sue potenzialità sono tutte da scoprire, ma come abbiamo potuto imparare a capire dallo sviluppo tecnologico negli scorsi anni, quando ci accorgiamo del cambiamento gli strumenti sono già nelle nostre mani.