Ho iniziato a leggere questo libro convinto che avrei trovato profonde implicazioni psicologiche descritte intorno ad una non specificata capacità algoritmica umana, utilizzata per dare ordine a certe situazioni.
È pressapoco così, ma con molte implicazioni laterali aggiuntive, soprattutto di natura pratica che non psicologica. Sembrerebbe essere più un saggio sulla formazione personale, sul miglioramento di se stessi per rendere migliore la società, quindi un saggio istruttivo e sociologico, più che psicologico.
Ho trovato argomenti estremamente interessanti come la fallibilità umana, la mancanza di comunicazione nei gruppi di lavoro e l’eroismo.
Una lettura molto semplice e neanche troppo lunga, che consiglierei a tutti coloro volessero imparare a gestire meglio i propri impegni e fare meno errori banali, dettati spesso dai propri limiti e dalla distrazione.
L’autore
Atul Gawande è un medico, chirurgo e giornalista statunitense. Come si può intuire dal suo libro, è un esperto nella riduzione degli errori e del miglioramento dell’efficienza e della sicurezza all’interno delle sale operatorie.
Come lui stesso racconta nel suo saggio, nel 2006 viene convocato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, in quanto, dai dati in loro possesso risultava che, le conseguenze derivanti dalle operazioni chirurgiche potessero essere un potenziale pericolo pubblico. Oggi Gawande è il direttore del dipartimento Global Patient Safety Challenge dell’OMS.
Oltre alle più di 200 pubblicazioni medico scientifiche in cui figura, Atul Gawande ha pubblicato anche altri tre saggi, dove viene affrontata sempre la necessità della perfettibilità dei metodi e la fallibilità dell’essere umano.
Il saggio
“Checklist: come fare andare meglio le cose”, è questo il titolo del saggio, eppure nonostante le checklist siano un argomento sempre presente, nel sottofondo dei vari aneddoti, in continuo risalto ci sono i limiti umani, sempre altrettanto principali, che ne fanno da ricco contorno.
Il libro tratta argomenti piuttosto “tecnici”, spiegati attraverso racconti, aneddoti di vita, ed esempi che Gawande, da ottimo analitico ed autocritico utilizza sapientemente per espletare il suo pensiero.
Nonostante rendere più sicura ed efficiente una sala operatoria possa sembrare un argomento difficile da comprendere, Atul ha la capacità di essere molto chiaro ed esplicativo.
Il suo stile è quello del racconto, degli esempi, in maniera molto metodica ma semplice. Dopo qualche pagina ho avuto qualche dubbio sulla mia scelta, ma il primo capitolo mi ha convinto che non me ne sarei pentito.
Il libro apre con uno scambio tra lo scrittore e un suo vecchio compagno di facoltà, da qui ci porta immediatamente in sala operatoria per raccontarci, in maniera leggera e veloce, cosa può significare trovarsi di fronte ad una situazione critica ed inaspettata, causata da una semplice mancanza di controlli o di un mancato passaggio di informazioni.
Queste strategie, per quanto banali possano sembrare, sono le checklist.
Le checklist, come documentato da questo saggio, hanno permesso di ridurre le morti per infezione nelle sale operatorie, o di dare vita a grattacieli stabili nell’edilizia e sicuri, o ancora un ammaraggio di emergenza nel fiume Hudson nel 2009.
Questo saggio può insegnare che potresti essere distratto o infrangerti contro i tuoi limiti, ma poche istruzioni e una strategia possono aiutarti a far andare tutto nel verso giusto.
Nei vari aneddoti, ciò che mi ha colpito molto ma che in parte mi aspettavo, è stato come per alcuni soggetti nella media, ma anche ben al di sopra della media, è sembrato banale e a tratti umiliante utilizzare una lista di controllo per svolgere meglio il proprio lavoro o i propri impegni quotidiani. Questo rifiuto e la sensazione di umiliazione da parte di molti esperti di fronte all’utilizzo delle checklist, ha a che fare con l’eroismo, la necessità di essere riconosciuti come eccellenze prima della qualità del lavoro.
Tuttavia accettare l’utilizzo di una strategia di questo tipo si basa su tre colonne portanti:
1. l’altruismo, in qualità di professionisti di qualsiasi tipo, significa mettere davanti alle proprie esigenze personali la responsabilità del nostro prossimo;
2. la bravura, ci impegneremo anche attraverso le strategie che ci sembrano meno congeniali, con umiltà, a raggiungere l’eccellenza;
3. l’affidabilità, la nostra condotta deve essere integerrima e la fiducia che ci viene accordata dovrebbe essere premiata.
Personalmente la lettura di questo saggio è stata una piacevole conferma, perché nel mio piccolo, ho sempre fatto uso di piccole checklist quando gli impegni da affrontare superano la mia capacità di ricordare o di organizzare.
Il “programma sottoposizioni” di O’Sullivan e l’ammaraggio di Chesley Burnett Sullenberger con la perfetta collaborazione di Jeff Skiles e del resto dell’equipaggio, sono aneddoti di eccezionale eloquenza che dimostrano quanto una perfetta collaborazione, una buona comunicazione e una checklist (e in qualche caso anche un pizzico di fortuna), possano far andare nel migliore dei modi anche situazioni disperate.
Conclusioni
Viviamo in una società che punta all’individualismo, dove ancora il mito dell’eroismo e la competizione sono a livelli altissimi, per questo motivo spesso si richiede più del possibile ad un singolo soggetto. Atul Gawande vuole dimostrarci che, migliorare se stessi è sempre una cosa giusta, ma bisogna accettare i nostri limiti come uomini, la nostra fallibilità.
La società attuale dispone di un’enorme mole di informazioni e i singoli che ne dispongono hanno potuto raggiungere successi incredibili. Tuttavia la strada per il successo è ricca di fallimenti ed incidenti, ma esistono strategie che possono arginare una gran parte dei nostri errori come esseri fallibili.
Per me, questo libro è un monito per qualcosa che tutti dovremmo sapere e riconoscere, per quanto ci valutiamo esperti o per quanto possiamo sentirci o essere speciali, dobbiamo imparare a riconoscere i nostri limiti, l’errore è sempre in agguato.
Utilizzare uno strumento umile quanto semplice come una checklist, è un modo intelligente e pratico di riconoscere che è possibile sbagliare e di non rassegnarsi a commettere quell’errore che vorremmo e potremmo evitare.