La manovra finanziaria 2023, portava con se l’idea del Governo Italiano di aumentare il tetto massimo spendibile in contanti piuttosto che con sistemi di pagamento digitali attraverso POS. Questa norma, che ad oggi per intervento dell’Unione Europea è saltata, ha scatenato grandi polemiche tra chi, da una parte dello schieramento è favorevole all’uso delle carte e dei sistemi digitali e pensa che ogni transazione dovrebbe essere registrata per arginare l’evasione fiscale, mentre dall’altra c’è chi predilige l’uso del contante che viene percepito in modo “materiale” come uno strumento del popolo libero.
Premesse
In questa polemica tra le due fazioni appena descritte nell’introduzione, ho cercato di mettere in risalto qual è l’idea più comune riguardo isistemi di pagamento. Per capire questo, quale miglior fonte dei commenti sui social network sotto articoli che parlano dell’argomento?
In sostanza esiste una forma di convinzione diffusa che il contante renda liberi dal controllo del fisco e degli istituti bancari. Tuttavia si tratta di una convinzione discutibile a causa del fatto che sarà sempre la banca che emette i nostri soldi a deciderne la quantità in circolazione e quindi il valore di ogni singola banconota. Questo argomento è stato trattato nell’articolo “Inflazione e aumento dei costi, l’evanescenza dei risparmi di una vita“, non è stata invece trattata la forma del denaro nello specifico, ma rende chiaro il concetto che il denaro, digitale o contante, può essere svalutato.
Esistono poi altre motivazioni più semplici che portano a far apprezzare il contante al cittadino comune o al commerciante, in primis la volontà di sfuggire ad alcuni controlli e norme stringenti sulle tassazioni (spesso troppo pressanti), senza andare troppo lontano facendo anche riferimento alla semplice soddisfazione psicologica del ricevere materialmente un compenso tangibile e oggettivo, non ritenendo ugualmente apprezzabile (anche solo inconsciamente) l’equivalente digitale.
Per le generazioni più anziane, sovviene anche il problema dell’utilizzo della tecnologia, che spesso viene percepita come macchinosa, poco pratica e poco chiara, e quindi com’è naturale che sia, quando non si riesce a comprendere qualcosa, diventa un fenomeno da cui difendersi.
Attualmente i servizi bancari prevedono l’utilizzo di un conto corrente così come lo possediamo in molti (molti meno di quanto si creda).
In cosa consiste? La nostra banca ci fa credito, un credito di cui tiene conto sul nostro conto corrente.
Questo non significa che i nostri soldi siano realmente lì. La somma che ci viene mostrata è il risultato di quanto ci deve la banca di cui siamo creditori, e pian piano che li utilizzeremo attraverso gli strumenti di pagamento che ci ha fornito (carte, app, etc..) quel credito verrà aggiornato sul nostro conto.
Cosa intendo quando dico che i nostri soldi potrebbero non essere realmente lì? Significa che se domani tutti i clienti di una determinata banca perdessero la fiducia nel funzionamento di quell’istituto, potrebbe verificarsi una “bank run“, ovvero una fuga dai servizi bancari, attraverso il ritiro o lo spostamento dei capitali. In quel caso non è detto che tutti i soldi di tutti gli utenti possano essere presenti e che l’istituto in questione potrebbe rivelarsi insolvente e fallire. Questo accade perché gli istituti bancari, o qualsiasi altro ente o fondo in cui versiamo i nostri soldi, cercano di trasformare la loro liquidità in attività per poter aumentare il capitale, magari attraverso degli investimenti o prestiti. Ogni banca è tenuta ad avere buona parte di quei fondi bloccata, al fine di non essere totalmente insolvente con i cliente nel caso di un’inaspettata corsa al ritiro da parte dei correntisti, ma si parla comunque di una parte del denaro dei creditori.
La Central Bank Digital Currency (CBDC) spiegata semplice
Per quanto ci si concentri su polemiche sterili riguardanti il pagamento in contanti o attraverso mezzi digitali, l’evoluzione del sistema monetario si trova attualmente in un periodo di grandi innovazioni e cambiamenti, grazie anche alla tecnologia che continua a farsi strada in qualsiasi ambito.
L’obiettivo sembra sempre di più quello di arginare l’errore umano, ma alle volte questo sviluppo tecnologico imperante nasconde dei rischi.
Le Central Bank Digital Currencies sono le valute digitali, intese come potrebbero esserlo le criptovalute, ma sviluppate su sistemi gestiti dalle banche centrali.
Lo sviluppo delle CBDC non è un argomento che sta coinvolgendo tantissimo i media mainstream, ma è qualcosa che viene dibattuto maggiormente negli ambiti che trattano la finanza, la tecnologia e le criptovalute.
In effetti si tratterebbe di una criptovaluta a tutti gli effetti ma gestita da una banca, basata proprio sulla tecnologia blockchain (di cui ho parlato nell’articolo “Blockchain, un registro distribuito in catene di blocchi“) dato che il modello delle CBDC prende ispirazione proprio da quello di Bitcoin.
La differenza sostanziale sta nella centralizzazione che propone il modello della CBDC, che porterebbe sicuramente delle novità positive all’attuale sistema bancario, ma anche delle grosse criticità perlopiù di tipo etico.
Tra gli indiscussi vantaggi che si acquisirebbero nell’uso di una CBDC, ci sarebbe la possibilità di gestire il proprio portafoglio senza che si tratti solo di un conto interno all’istituto con fondi equivalenti presenti nella totalità, e quindi l’impossibilità di insolvenza nei nostri confronti.
Questo è un superpotere della blockchain, che prevede l’utilizzo di portafogli virtuali che vengono totalmente gestiti dal possessore e che possono effettuare transazioni dirette da un portafoglio ad un altro senza intermediario.
Tuttavia la blockchain rende possibile la visione di qualsiasi transazione e, se l’infrastruttura fosse controllata da un ente come una banca centrale sarebbe a rischio il concetto di privacy, in quanto l’istituto bancario avrebbe il totale controllo centralizzato sulle transazioni di qualsiasi portafoglio, di cui avrebbe pieno accesso a qualsiasi dato associato.
Inoltre sarebbe possibile applicare tassi d’interesse ad-hoc per ogni portafoglio, quindi un possibile trattamento non equo verso gli utilizzatori del servizio e, dulcis in fundo, la programmabilità dei fondi.
La programmabilità dei fondi è forse uno degli argomenti più discussi quando si mette in tavola l’argomento CBDC, perché è una funzione che mette le basi per il cosiddetto “denaro a scadenza”.
I tuoi risparmi, il tuo stipendio, il bonus che il governo ha emesso in aiuto perché sei stato licenziato o non hai reddito sufficiente potrebbero essere soggetti ad una data entro cui è possibile spenderli, oltre la quale tale somma potrebbe sparire nel nulla dal tuo portafoglio.
Ciò che non è ancora chiaro in uno scenario di questo tipo, è cosa ne dovrebbe essere delle attuali banche commerciali. La CBDC, è appunto una Central Bank Digital Currency, gestita quindi da una banca centrale, e dato che la piattaforma verrebbe gestita in maniera centralizzata da questo ente, le banche commerciali non avrebbero modo di gestire conti e clienti così come avviene oggi. La gestione di una struttura di questo tipo, totalmente in mano ad un’unica istituzione, è di per se preoccupante.
Si tratta di congetture sulla base di ciò che conosciamo, si sa che attualmente alcuni governi e banche stanno svolgendo sperimentazioni al riguardo, ma chiaramente trattandosi di sperimentazioni non si conoscono i particolari e gli sviluppi futuri, quanto detto finora si evince dal funzionamento base di un sistema DLT centralizzato (di cui ho parlato nell’articolo “Blockchain e DLT, differenze e parallelismi“).
La nazione con le sperimentazioni più avanzate è la Cina con il suo Yuan digitale.
Centralizzazione contro decentralizzazione
Proprio per i problemi citati precedentemente, l’etica opposta a quella di una CBDC che prevede la centralizzazione dei sistemi controllati da una banca centrale, è quella di Bitcoin che si prefigge invece una decentralizzazione ed una gestione distribuita della rete che fornisce il servizio.
Purtroppo gli scandali, le frodi e i fraintendimenti che spesso si verificano nel mondo delle criptovalute, gettano fango su Bitcoin che potrebbe essere definito l’anticristo della CBDC, più per quanto riguarda l’etica e la struttura di distribuzione naturale che non per il funzionamento.
Questo enorme equivoco generato da questa macchina del fango, fa in modo che ci sia ancora poca informazione e molta ignoranza sullo sviluppo futuro del sistema monetario e finanziario, per cui la massa si focalizza soprattutto su problemi sciocchi come “POS o non POS”, bollando soluzioni democratiche e geniali come la blockchain di BTC come truffe, o come magici metodi di facile guadagno e ignorando totalmente i progetti delle banche centrali come la CBDC.
Ritengo tuttavia che sarà necessario che questo settore subisca delle metamorfosi per alcuni dati di fatto innegabili.
La maggior parte delle persone non sarebbero in grado di gestire un servizio di portafoglio non custodito, ovvero gestito in assoluta autonomia dall’utente, dove un errore può costare l’accesso ad una vita di risparmi e dove viene richiesto un minimo di abilità amministrativa che non tutti possiedono. Per una soluzione utilizzabile da tutti sarà necessario organizzare l’alternativa custodita e centralizzata, magari in qualità di servizio aggiuntivo, con un minimo di garanzia come potrebbe essere il conto bancario di oggi ma su un ecosistema decentralizzato e democratico.
Si pensa ai servizi digitali come un’innovazione solo perché sono digitali, ma la vera novità dirompente di questi servizi sta proprio nella decentralizzazione, che pone le basi per un sistema monetario globale e democratico per definizione.
È difficile immaginare oggi come saranno questi strumenti tra 10 anni, che cambieranno in modo radicale il mondo bancario e finanziario e che impatteranno sicuramente sulla nostra quotidianità e sul modo di intendere il denaro.